> > Flotilla a rischio, Meloni: “Un’insistenza che resta irresponsabile”

Flotilla a rischio, Meloni: “Un’insistenza che resta irresponsabile”

flotilla meloni

La Flotilla naviga verso Gaza tra tensioni crescenti. Giorgia Meloni interviene criticando l’iniziativa: responsabilità e rischi al centro di uno scontro politico e diplomatico sempre più acceso.

Una rotta pericolosa, tra appelli e accuse incrociate sempre lei in questi giorni al centro delle cronache nazionali: la Flottilla. “Non capisco l’insistenza. È irresponsabile”. Giorgia Meloni lo ha detto senza giri di parole, a margine del Consiglio europeo informale di Copenaghen.

Flotilla, Meloni: gli appelli di Palazzo Chigi e la linea dura di Israele

La premier, incalzata dai cronisti, ha chiarito la sua posizione sulla Global Sumud Flotilla: “In questa fase così delicata, con una possibilità storica di pace, andare avanti con un’iniziativa che rischia di provocare incidenti è incomprensibile. Ho ascoltato gli appelli del presidente Mattarella e quelli di altri leader europei, dalla Spagna in giù. Nessuno contesta la necessità di aiuti umanitari, ma forzare un blocco navale è un’altra cosa. Il tema è diverso, e rischia di assumere contorni pericolosi”.

Parole nette. Che si sommano a quelle pronunciate poche ore dopo, ancora più dirette: “Forse le sofferenze del popolo palestinese non erano la priorità”, ha aggiunto Meloni davanti alle telecamere di SkyTg24.

Nel frattempo, in mare, la scena è tutt’altra. Ad un centinaio di miglia da Gaza, le 45 imbarcazioni della Flotilla avanzano lentamente… A bordo, circa 500 attivisti, una cinquantina italiani. E in lontananza, dicono i comandanti via radio, i radar captano i movimenti della Marina israeliana. Fonti militari di Tel Aviv, citate da Haaretz, parlano di un’operazione “complessa, con possibilità di incidenti”. Tutto era stato previsto: il blocco navale sarebbe stato fatto rispettare.

Per questo Israele ha mobilitato un massiccio dispositivo, con gli incursori dello Shayetet 13 pronti a salire sulle navi. “Ordine chiaro: nessuna forza letale”, riferisce un ufficiale a Channel 12. Ma è evidente che in uno scenario simile le variabili sono troppe. La Marina ha già predisposto il trasferimento forzato degli attivisti su una nave militare più grande e il rimorchio delle imbarcazioni verso Ashdod. Alcune, dicono fonti riservate, potrebbero perfino essere affondate in mare.

Alle 14, la fregata italiana Alpino ha comunicato la sua decisione di fermarsi alle 150 miglia, linea rossa da non oltrepassare. “Per non compromettere la sicurezza”, il messaggio inviato via radio. Messaggio accolto malissimo. La portavoce italiana della Flotilla, Maria Elena Delia, in collegamento con Radio Popolare, ha replicato: “Non è protezione, è sabotaggio. Ci vogliono dividere e demoralizzare. Israele applica un blocco illegale, e il silenzio del mondo è intollerabile”.

Flotilla, Israele accusa Hamas? La replica degli attivisti

In serata, Tel Aviv fa sapere, come riporta Ansa, che documenti diffusi dall’Idf, rilanciati da Times of Israel, parlano di un “coinvolgimento diretto di Hamas” nel finanziamento della Flotilla. Vengono citati Zaher Birawi, figura storica delle missioni pro-Palestina, e Saif Abu Kashk, imprenditore con sede in Spagna. “Queste navi sono di Hamas”, scrivono i militari. Ma la risposta è stata immediata. “Propaganda”, ha detto Delia in una nota inviata alle agenzie italiane. “Vogliamo che quei documenti vengano esaminati da organismi indipendenti. Fino ad allora restano parole. Siamo una missione civile, sotto gli occhi dell’Europa”.

Le associazioni giuridiche italiane hanno confermato la lettura della Flotilla. In un comunicato, Asgi, Giuristi Democratici e Comma 2 hanno sottolineato: “La navigazione è conforme al diritto internazionale. È Israele a violarlo, con il blocco navale e l’attacco armato alle imbarcazioni”.

A bordo, le voci restano compatte. Arturo Scotto, deputato Pd, intervistato da Repubblica, è chiaro: “Non ci fermeremo. Siamo in acque internazionali, bloccarci è illegale. Certo, se l’alt arriverà dalla marina israeliana, ci fermeremo per non mettere a rischio gli equipaggi. Ma la battaglia politica non cambia”.

Il Papa, dal Vaticano, ha auspicato “che non ci sia violenza, che siano rispettate le persone”. Un appello che ha fatto il giro delle redazioni, ma che in mare sembra un’eco lontana.

Un alto ufficiale israeliano, ancora a Channel 12, ha detto che l’esercito si prepara “a provocazioni”. Perché tra i partecipanti ci sono parlamentari, figure pubbliche, celebrità. “E qualcuno potrebbe reagire con la forza”. È per questo che Israele ha predisposto un piano dettagliato: blocco in mare aperto, trasferimento ad Ashdod, poi al carcere di Ketziot. Tutto questo nel giorno di Yom Kippur, con autorizzazione rabbinica speciale.

Quattro ospedali sono stati messi in stato di allerta: Assuta di Ashdod, Barzilai di Ashkelon, Kaplan di Rehovot e Shamir-Assaf Harofeh di Be’er Yaakov. In mare aperto, invece, il silenzio resta sospeso. Solo il rumore dei motori e le luci che ballano sull’acqua. Un cronista racconta via telefono: “Si sente l’attesa, quasi il respiro trattenuto di tutti”. Forse è solo questione di ore…