Oltre 450 attivisti internazionali, tra cui 46 italiani, sono stati arrestati dalle autorità israeliane durante l’operazione di fermo della Global Sumud Flotilla, un’iniziativa civile diretta a portare aiuti umanitari a Gaza. Dopo l’intercettazione delle imbarcazioni, gli attivisti sono stati trasferiti in carcere, in attesa delle procedure di espulsione. Le condizioni di detenzione sono oggetto di preoccupazione internazionale: ecco come stanno.
Flotilla, attivisti fermati da Israele: trasferimento e condizioni dei detenuti
Gli attivisti della Flotilla, intercettati dalle autorità israeliane, sono stati trasferiti nel centro di detenzione di Saharonim, situato vicino alla prigione di Ketsiot, ad eccezione dei membri della barca dei Marinette, fermati in un’operazione separata. Come riportato da Il Messaggero, secondo quanto riferito dal team legale della Global Sumud Flotilla, affiliato all’International Federation for Human Rights e all’organizzazione Adalah, pochi dei detenuti hanno acconsentito a firmare per l’espulsione immediata, mentre la maggioranza ha rifiutato, scegliendo di rimanere in custodia.
La normativa israeliana prevede infatti una detenzione massima di 72 ore per chi non accetta l’allontanamento volontario, dopodiché i membri della Flotilla devono attendere un provvedimento giudiziario. Tra loro, alcuni, incluso il vicepresidente Alexis Deswaef, hanno respinto la firma dei documenti che riconoscevano un presunto ingresso illegale nel paese e hanno avviato uno sciopero della fame, in attesa dell’udienza prevista presso la prigione.
Flotilla, attivisti fermati da Israele e portati in carcere: maltrattamenti e procedura di espulsione
Secondo i legali, durante le ore di detenzione molti attivisti sarebbero rimasti senza cibo né acqua, ricevendo soltanto un piccolo pacco di patatine come concessione simbolica. Sarebbero stati segnalati anche maltrattamenti fisici e verbali: dall’uso degli idranti fino all’imbarco sulle navi con i fucili puntati.
In parallelo, fonti ufficiali del ministero degli Esteri israeliano hanno confermato l’avvio delle procedure di espulsione per oltre 400 partecipanti, oltre a i quattro parlamentari già arrivati in Italia. Le dichiarazioni del ministro dell’ultradestra israeliana, Itamar Ben Gvir, che ha definito gli attivisti “terroristici” e suggerito una detenzione prolungata, hanno suscitato ulteriori polemiche, mentre secondo lui il primo ministro Netanyahu commetterebbe un errore procedendo con l’espulsione, temendo un loro ritorno futuro.