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G7, come l’accordo sulla minimum tax segna un trionfo politico per Trump

G7 accordo Trump

Il nuovo accordo G7 sulla global minimum tax favorisce le richieste Usa, offrendo flessibilità fiscale. Ecco cosa cambia per Donald Trump.

Al G7 è stato siglato un nuovo accordo sulla global minimum tax, pensato per rendere più equo il sistema fiscale globale. Ma dietro il compromesso si cela un effetto inatteso: a trarne vantaggio potrebbe essere proprio Donald Trump. L’aliquota minima contenuta e la flessibilità concessa agli Stati finiscono infatti per riflettere – e rafforzare – la dottrina “America First”.

Un segnale che, anche fuori dalla Casa Bianca, l’impronta di Trump sulla politica economica globale resta forte.

Il ministro Giorgetti sostiene l’accordo raggiunto al G7

Il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, ha definito l’intesa raggiunta al G7 un “onorevole compromesso”, sottolineando come questa protegga le aziende europee da potenziali ritorsioni fiscali da parte degli Stati Uniti. In particolare, il riferimento è alla cosiddetta revenge tax, una disposizione contenuta in una legge di bilancio voluta da Donald Trump, che avrebbe permesso a Washington di imporre sanzioni fiscali alle imprese straniere attive sul suolo americano, in risposta a misure considerate discriminatorie. Il segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, ha confermato che tale misura sarà rimossa, proprio in seguito all’accordo raggiunto durante il vertice.

G7, perché il nuovo accordo sulla global minimum tax è un’altra vittoria per Trump

Il nuovo accordo raggiunto dal G7 rappresenta un potenziale successo per Donald Trump e per le grandi aziende tecnologiche statunitensi. I leader delle sette principali economie mondiali hanno infatti trovato un’intesa che potrebbe ridurre il rischio per le multinazionali americane di dover versare imposte più elevate nei Paesi esteri. Una soluzione che ha ottenuto il plauso di Washington e di altri governi favorevoli a una maggiore flessibilità fiscale, ma che rischia di ridisegnare radicalmente i principi dell’accordo del 2021 sulla global minimum tax.

Secondo quanto riportato dalla presidenza canadese del G7, l’intesa dovrebbe facilitare ulteriori progressi nella riforma del sistema fiscale internazionale, promuovendo al contempo un dialogo costruttivo sulla salvaguardia della sovranità fiscale nazionale. Nelle prossime settimane l’accordo sarà esaminato dall’OCSE, l’organizzazione che quattro anni fa aveva promosso l’introduzione di una tassazione minima globale per contrastare le pratiche elusive delle multinazionali, in particolare quelle digitali.

Il segretario generale dell’OCSE, Mathias Cormann, ha definito l’intesa una “pietra miliare” nella cooperazione fiscale globale. Tuttavia, Manal Corwin, a capo della divisione fiscale dell’organizzazione, ha precisato che la dichiarazione del G7 non ha carattere vincolante: qualsiasi modifica dovrà essere approvata dai 147 Paesi aderenti, come avvenne nel 2021.

Negli ultimi giorni, gli Stati Uniti avevano sollevato riserve sul “secondo pilastro” dell’accordo OCSE-G20, relativo alla redistribuzione dei profitti e al contrasto al profit shifting. Il segretario al Tesoro Scott Bessent aveva proposto un regime parallelo per esentare i gruppi statunitensi da alcune regole, ritenendo che la normativa fiscale interna garantisca già un livello minimo di imposizione. L’intesa raggiunta al G7 accoglie questa proposta, consentendo una maggiore stabilità per le imprese USA, che potrebbero evitare fino a 100 miliardi di dollari di tasse estere.