C’è una scala, una taverna e un corpo senza vita. Il corpo di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco in un giorno d’estate del 2007. Sul terzo gradino, all’epoca, venne trovata un’impronta.
Garlasco, la scomparsa dell’impronta getta nuove ombre sul caso Poggi
L’impronta è la numero 33. Un segno compatibile in ben 15 punti con il palmo della mano di Andrea Sempio, allora amico della vittima.
Per gli esperti della Procura di Pavia, bastano a dire: è sua. L’impronta è sua.
Eppure, quella prova oggi forse non esiste più. Sembra essere scomparsa? Trattata con ninidrina – una sostanza che evidenzia sudore, a volte sangue – era stata prelevata grattando un pezzo d’intonaco con un bisturi sterile. Poi conservata, catalogata. O almeno così sembrava. Ora è sparita, scomparsa. Nessuna traccia negli archivi della Procura, né in quelli dei Ris di Parma. Se n’è andata insieme alla possibilità, forse, di riscrivere una delle storie giudiziarie più tormentate degli ultimi vent’anni.
I legali di Alberto Stasi, già condannato in via definitiva, si preparavano a controbattere. A chiedere verifiche, analisi biologiche. A portare quella traccia davanti a un giudice. Ma non c’è più niente da confrontare. Un fantasma, quella 33. Una delle poche cose certe che, adesso, non può più parlare.
Scomparsa impronta Garlasco: nuove tracce e vecchi silenzi
Intanto si continua. Perché qualcosa si muove ancora. Il 17 giugno, i giudici esamineranno reperti mai analizzati. O rivalutati con strumenti più moderni. Tra questi, un’altra traccia: il cosiddetto contatto papillare numero 10. Un’impronta trovata all’interno della porta d’ingresso della villetta di Garlasco. Forse sangue, forse no. Non si sa ancora. Nessuna analisi biologica venne fatta all’epoca. Solo otto punti utili per la comparazione – ne servono sedici. Troppo pochi per dire con certezza di chi fosse quella mano. Ma oggi, con nuove tecnologie, si tenta di scavare ancora.
Mario Venditti, l’ex procuratore, difende le sue scelte. All’epoca, dice, mancavano prove solide. Quella impronta non era “utile”, il DNA era “illeggibile”. Ma adesso? Oggi c’è un DNA attribuito a Sempio. C’è una pista diversa. E c’è quella sensazione che qualcosa sia sfuggito. O peggio, che sia stato lasciato andare.
Nel silenzio, resta una domanda che pesa come un macigno: cosa sarebbe successo se quell’intonaco fosse ancora lì?