Parla una delle attiviste che hanno imbrattato il quadro di Van Gogh: "Vogliamo scuotere le coscienze"

"Abbiamo imbrattato il quadro di Van Gogh perché c'è una correlazione tra il soggetto rappresentato e la crisi che stiamo vivendo"

“Chiediamo il blocco della riapertura delle centrali a carbone e delle trivellazioni.

E almeno 20 Gigawatt di potenza eolica”. A parlare è una delle attiviste che venerdì hanno imbrattato il quadro di Van Gogh a Palazzo Bonaparte 

Il quadro di Van Gogh imbrattato torna in mostra

Il quadro di Van Gogh, dopo gli opportuni controlli è tornato nella splendida mostra allestita a Palazzo Bonaparte a Roma. Nessun danno fortunatamente, grazie al vetro protettivo ma anche – come ha sottolineato Arthemisia che ha organizzato la mostra – ”  alla tempestiva attuazione del protocollo di sicurezza e il conseguente intervento delle Forze dell’Ordine che hanno così consentito una rapida rimozione dell’opera dalla sua sede per i dovuti accertamenti e rilevamenti dello stato di conservazione in un luogo deputato”.

“Atto di disobbedienza civile”

Nessun danno dunque, dopo il lancio della minestra di verdure lanciata da alcune attiviste di ‘Ultima generazione” al ‘Seminatore‘ di Van Gogh. Intervistata dal Corriere della Sera, Ismaela – 24 anni laureata in Scienze Ambientali- spiega il motivo della protesta:

“È un atto di disobbedienza civile lo abbiamo fatto perché stiamo vivendo una catastrofe ambientale senza precedenti: caldo, siccità. Lo abbiamo fatto per scuotere le coscienze, per smuovere le persone e chiedere al governo azioni concrete per tutelare l’ambiente e quindi il futuro dei nostri figli”.

Perchè hanno scelto “Il seminatore”

Dopo aver sottolineato di non aver rovinato il quadro in quanto coperto da un vetro ha affermato che hanno  scelto quel dipinto “perché c’è una correlazione tra il soggetto rappresentato e la crisi che stiamo vivendo e che sta colpendo e colpirà soprattutto l’agricoltura. In futuro mancherà cibo anche da noi, già ora i raccolti si stanno riducendo drasticamente”.

Ovviamente il fine di colpire i quadri degli artisti più amati è quello di “scuotere le coscienze, è far ragionare la gente, farla riflettere sulla catastrofe che stiamo vivendo”.

L’effetto mediatico sembra un boomerang

Il punto è che a leggere da tutti i commenti social delle varie testate che hanno pubblicato la notizia, finora l’eco mediatica ha soltanto prodotto un’ondata quasi unanime di critiche  nei loro confronti. Se è la società civile quella che vogliono far riflettere – e non solo quella di qualche intellettuale che appoggia la loro  protesta – putroppo stanno ottenendo l’effetto opposto.

Invece ci sarebbe da riflettere e molto, sull’immane catastrofe ambientale che si produrrà nei prossimi decenni.

Il punto è che forse si dovrebbe puntare più all’informazione, ai dati scientifici divulgati in modo fruibile per tutti, perchè ogni cittadino sia in grado di fare scelte consapevoli. 

Ultima generazione, è attiva sui social nel cercare di condividere i pareri dei massimi esperti in materia, ma non basta. La maggior parte delle persone infatti si ferma a condannare l’atto sui social. 

Il rischio per il patrimonio esiste 

Resta poi il problema della tutela del patrimonio artistico che non è di certo di secondo piano.

Nessuna azione è mai veramente esente da ogni rischio, compresa quella che si ritiene un’azione innocua. Senza pensare al possibile effetto emulazione che la risonanza mediatica di questi gesti potrebbe scatenare anche verso quelle opere d’arte non adeguatamente protette o sorvegliate. 

Quanto alla pena fino a 5 anni nel caso il quadro si fosse rovinato la giovane ha risposto “Sinceramente mi preoccupa poco. Sappiamo i rischi che corriamo con le nostre azioni, ma ci fanno molto più paura le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto.

E poi ho già ricevuto alcune sanzioni”.