La discussione sulla leva militare è tornata attuale in Italia per la proposta del ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha rilanciato l’idea di una partecipazione volontaria al servizio nazionale. Non si parla di obbligo, ma di una “leva su richiesta”, pensata per coinvolgere cittadini disponibili a dedicare un anno al sostegno dello Stato e delle Forze armate, in risposta alle esigenze operative e tecniche del presente.
Governo Meloni: una nuova idea di servizio militare
In Italia il dibattito sulla leva militare sta assumendo contorni molto diversi rispetto al passato, quando il servizio obbligatorio scandiva il percorso di intere generazioni. Oggi la discussione ruota attorno a un modello più adatto alle esigenze contemporanee dello Stato, fondato sulla partecipazione volontaria e sulla disponibilità dei cittadini a dedicare tempo e competenze al bene pubblico.
L’attenzione si sposta così sul significato di un anno di servizio civile o militare in un contesto segnato da tensioni internazionali, cambiamenti climatici e necessità di aggiornare gli apparati di sicurezza. Si tratta di un confronto che incrocia non solo questioni politiche e militari, ma anche il crescente bisogno di figure specializzate, capaci di offrire supporto tecnico in settori che vanno ben oltre le attività tradizionali delle Forze armate.
Leva militare, la strategia del Governo Meloni: cosa vuole fare Crosetto
Al centro della discussione pubblica si colloca la visione del ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha precisato come l’intento non sia quello di reintrodurre un obbligo generalizzato, ma di sviluppare una forma di partecipazione volontaria, definita da lui stesso “leva su richiesta”. Come dichiarato durante la trasmissione di Rete4 Realpolitik, l’obiettivo sarebbe “chiedere se c’è qualcuno in Italia che potrebbe dedicare un anno della sua vita a un servizio a vantaggio dello Stato, a supporto delle sue Forze armate“.
Il governo starebbe predisponendo un disegno di legge da portare in Parlamento, puntando alla pubblicazione della norma entro nove mesi. Crosetto ha inoltre ribadito che “questo non ha nulla a che fare con la preparazione di una guerra e con l’idea di entrare in guerra“, per sottolineare la natura non bellica dell’iniziativa.
La riforma mirerebbe da un lato ad aggiornare gli organici militari e dall’altro a integrare circa 10mila civili specializzati nella gestione di emergenze, sia naturali che operative. Il ministro vorrebbe che fossero gli stessi militari a presentare la proposta, così da sottrarre la misura al dibattito ideologico e rafforzarne il carattere nazionale. Il progetto includerebbe esperti di cyber security e figure qualificate per la “protezione civile allargata”, in grado di alleggerire compiti che finora il personale in uniforme ha svolto senza adeguato supporto tecnico. Se approvata, questa impostazione darebbe forma a un modello moderno di partecipazione civica, capace di ridefinire il rapporto tra cittadini, istituzioni e sistema di sicurezza del Paese.