Il carcere di Pavia è finito al centro delle cronache per un provvedimento insolito voluto dalla direzione: la distribuzione di preservativi ai detenuti. La decisione ha suscitato dibattiti sulla gestione della salute, la prevenzione dei rischi e le regole all’interno delle carceri, sollevando critiche anche dalle autorità penitenziarie.
Pavia, preservativi ai detenuti in carcere? Reazioni e criticità organizzative
Il provvedimento ha incontrato forti critiche da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che ha sottolineato come la decisione fosse stata adottata senza alcuna consultazione preventiva con gli uffici superiori, generando potenziali rischi per ordine e sicurezza.
“Il provvedimento, per come formulato, non appare idoneo a strutturare in modo adeguato la gestione complessiva dell’iniziativa sotto il versante sanitario, della prevenzione e della sicurezza. L’assenza di una interlocuzione preliminare non ha consentito alla Direzione di contemperare le esigenze di prevenzione sanitaria con quelle, imprescindibili, di ordine e sicurezza, secondo le migliori prassi già in essere”.
Le autorità hanno evidenziato carenze nella gestione complessiva dell’iniziativa, richiamando la necessità di valutare modalità di controllo, prevenzione di comportamenti violenti e possibili usi impropri dei profilattici, come l’occultamento di sostanze stupefacenti. La vicenda si inserisce inoltre in un contesto di criticità strutturali dell’istituto pavese, segnato da sovraffollamento, carenze igienico-sanitarie e difficoltà logistiche, che accentuano i dubbi sull’efficacia pratica del provvedimento e sul suo impatto reale sulla salute dei detenuti e sulla sicurezza del personale.
Pavia, preservativi ai detenuti in carcere? Motivi terapeutici
Il carcere di Pavia è recentemente finito al centro dell’attenzione mediatica per un provvedimento considerato senza precedenti: la distribuzione di 720 preservativi ai detenuti. La misura è stata introdotta dalla direzione dell’istituto come iniziativa a carattere “terapeutico”, affidando la gestione alla struttura sanitaria interna.
Il provvedimento adottato dalla direttrice Stefania Musso ha suscitato reazioni contrastanti tra l’opinione pubblica e gli operatori penitenziari. Da una parte, viene interpretato come un gesto di responsabilità sanitaria, finalizzato a ridurre il rischio di trasmissione di malattie tra i detenuti. Dall’altra, emergono dubbi sull’effettiva applicabilità dell’iniziativa e sul messaggio che potrebbe veicolare in un contesto già segnato da carenze strutturali.
Il sindacato UILPA Polizia Penitenziaria ha evidenziato che la misura introduce la questione dell’affettività “fai da te” dietro le sbarre, mentre altri osservatori sottolineano l’urgenza di collocare la questione all’interno di un quadro normativo più ampio relativo al diritto all’affettività dei detenuti. Secondo Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria, la decisione di distribuire profilattici per motivi terapeutici evidenzia i limiti complessivi del sistema carcerario. Egli ha sottolineato che, sebbene la valutazione non miri a giudicare la sfera morale o l’autodeterminazione sessuale dei detenuti, la misura solleva questioni pratiche rilevanti, soprattutto in relazione al sovraffollamento della struttura, dove 704 detenuti sono ospitati in 515 posti sorvegliati da 237 agenti invece dei 456 necessari.
“I ristretti sono sempre consenzienti? L’amministrazione penitenziaria è nelle condizioni di esserne certa? Soprattutto, atteso pure che i preservativi vengono (o sono stati) distribuiti per finalità terapeutiche, è stata fatta la valutazione del rischio per gli operatori? Sono stati informati? Sono state adottate le opportune misure per la salvaguardia della salute, della sicurezza e della salubrità dei luoghi di lavoro? Domani mi recherò personalmente in Lombardia e cercheremo di dare una risposta a questi e ad altri interrogativi, ma naturalmente auspichiamo immediati chiarimenti ufficiali dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e dal Ministero della Giustizia”, viene riportato da LaPresse.