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Pediatri: "Sempre meno culle, trend acuito da ansie sociali"

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Roma, 11 ago. (Adnkronos Salute) - Sono sempre meno le culle in Italia. E la complessità di questo momento storico, con il crescere delle ansie sociali legate al Covid, alla guerra e la crisi economica, "peggiorano il trend. In particolare la pandemia ha avuto un forte impatto sulle nasc...

Roma, 11 ago. (Adnkronos Salute) – Sono sempre meno le culle in Italia. E la complessità di questo momento storico, con il crescere delle ansie sociali legate al Covid, alla guerra e la crisi economica, "peggiorano il trend. In particolare la pandemia ha avuto un forte impatto sulle nascite, con un crollo nei primi mesi del 2020 che si è protratto nel 2021. E nel Nord Ovest, più colpito dalla prima ondata pandemica, si è registrata la maggiore riduzione di nascite, con un calo che si è attestato al 15%". A fare il quadro per l'Adnkronos Salute è Elena Bozzola, pediatra dell'ospedale Bambino Gesù di Roma e consigliera nazionale della Società italiana di pediatria (Sip), che rileva come il calo demografico, in questa fase, "non viene nemmeno compensato come accadeva in passato dalla natalità tra gli stranieri, che si sta riducendo".

E se gli ultimi 2 anni hanno segnato un'importante riduzione di nascite nel nostro Paese, le previsioni sono ancora più preoccupanti. "Nel 2030 – ricorda la pediatra – potremmo avere oltre un milione e mezzo di abitanti in meno in Italia, con una popolazione sempre più anziana, a differenza di altri Paesi europei".

L''anomalia' nazionale, spiega Bozzola, "è legata anche al fatto che gli italiani rimandano la decisione di diventare genitori, arrivando a un'età media di 31 anni, più elevata rispetto alle nazioni a noi vicine". Un fenomeno conseguenza dei problemi concreti, "non solo nel trovare casa e lavoro, ma anche nella mancanza di aiuto nell'accudimento del bambino. Si pensi solo alla difficoltà trovare posto negli asili pubblici".

In questa cornice la Società italiana di pediatria, per contrastare il fenomeno della denatalità, è impegnata da tempo su due binari: il piano della salute, per il quale è necessario non rinviare troppo a lungo la scelta di avere un figlio – ammonisce Bozzola – e quello socio-economico, che deve impegnare le istituzioni a sostenere la genitorialità".

"Il crescere delle paure, l'ansia, l'incertezza e le preoccupazioni per il futuro che caratterizzano questo momento storico – dice la pediatra – contribuiscono al frenare la decisione di costruire una famiglia. Come pediatri ci stiamo impegnando a informare sull'importanza di non rinviare troppo a lungo la decisione di fare un figlio, ricordando che si hanno maggiori possibilità di procreare con la buona salute fisica e mentale. La speranza è aumentare la consapevolezza che, se si vuole avere un figlio in salute, l'età dei genitori è importante". Questo vuol dire anche "promuovere stili di vita sani, come evitare il consumo di alcolici, il fumo, il sovrappeso e tutti i fattori che riducono la possibilità di concepimento".

Ma i pediatri, conclude la consigliera Sip, sono anche molto impegnati a spingere le istituzioni "a sostenere le politiche sanitarie e sociali in grado di sostenere concretamente chi vuole avere un figlio".

Il 2023, pandemia permettendo, potrebbe l'anno per far tornare positivi i numeri della natalità in Italia? "E' molto difficile, forse serviranno altri 2 anni per cominciare a vedere i frutti di un lavoro che però va fatto ora", risponde la presidente delle ostetriche.

Che giudizio si sente di dare al lavoro fatto dal ministro Speranza? "E' stato molto preso dal Covid che è stato uno tsunami per il mondo – ricorda Vaccari – Serve comunque un intervento sulla formazione della professione funzionale alle richieste del territorio".