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Sea Watch, Matteo Salvini contro Carola Rackete: la guerra della disobbedienza

Matteo Salvini, Carola Rackete

Da "chissenefrega" delle regole dell'Ue a "chissenefrega" del decreto sicurezza bis, il passo è breve.

Avere un nemico comune in politica fa sempre comodo, soprattutto se quel nemico diventa tale nel pensiero di milioni di italiani e di questa strategia non si può biasimarne l’etica, farne retorica o critica: non si può non sostenere che sia uno stratagemma vincente. Se quel nemico ha un nome allora tanto meglio, perché è noto: impersonificare il “male” è comodo, pratico, utile. Si passa così, molto velocemente, da 42 colpevoli a uno solo.

Sea Watch, Salvini e l’occhio mediatico

L’italia intera, dalla maggioranza all’opposizione fino all’elettorato, è passata dall’attendere l’esito del Consiglio dei ministri per cercare di evitare la procedura di infrazione Ue (programmata per il 26 giugno 2019) al puntare gli occhi, l’attenzione, su un gruppo di profughi colpevoli di essere stati soccorsi da una Ong, rei di aver messo in atto una fuga dai lager libici, puniti per settimane a patire il caldo, il sole, l’afa, abbandonati agli effetti delle torture subite in terra africana, inclini al pensiero del suicidio sul ponte della Sea Watch 3. Ma l’attenzione di tutti non si è spostata sui 42 della nave Ong battente bandiera olandese per la situazione che questi affrontavano da giorni. È stato sufficiente un tweet: Basta, siamo entrati.

Parola chiave disobbedire, da Capitano a Capitana sembra essere una costante. “Mi sono rotto le palle di vedere l’Italia trattata come un paese di serie B. Chi sbaglia paga. La nostra pazienza è finita. L’Olanda ne risponderà” sono queste le parole pronunciate dal ministro Salvini nel corso di una diretta facebook, frasi dettate dalla fotocamera interna del suo smartphone con la stessa verve con cui il leader del Carroccio ha sempre sottolineato le criticità dell’Unione Europea. Ma l’Europa non ha abbandonato solo l’Italia e Carola Rackete e Matteo Salvini sembra siano d’accordo su questa affermazione. “Nessuna soluzione politica e giuridica è stata possibile, l’Europa ci ha abbandonati. La nostra Comandante non ha scelta” tuonano nei minuti precedenti alla forzatura del blocco navale quelli della Sea Watch. Dunque chi sosteneva “Noi ce ne freghiamo delle regole, siamo a casa nostra e facciamo ciò che vogliamo, andiamo avanti” ha incontrato pane per i suoi denti. Da “chissenefrega” delle regole dell’Ue a “chissenefrega” del decreto sicurezza bis, il passo è breve.

Così, in poche ore, la prima notizia d’apertura di tutti i quotidiani italiani è divenuta l’entrata della Sea Watch in acque italiane. Colpo di spugna alla procedura d’infrazione, alla deposizione sul caso Khashoggi, sul dl crescita al Senato, sull’esame in commissione del salario minimo, sul tavolo Blutec al ministero del Lavoro. L’intera agenda politica ed economica del paese è entrata in stallo.

La minaccia di sbarco di 42 migranti ha fermato il tempo, nonostante il fatto che di sbarchi nei giorni precedenti ne siano avvenuti a bizzeffe (basti pensare ai 59 pachistani sbarcati nel crotonese il 25 giugno). Per la nave del capitano Rackete parte una sorta di crowdfunding dal web: donazioni libere per coprire le spese legali che l’equipaggio affronterà una volta violate le regole italiane. 67mila e 33mila euro, rispettivamente le cifre raccolte per sostenere le sanzioni pecuniarie e per mandare avanti il progetto umanitario della Ong: a dimostrazione del fatto che, al di là del colore politico, c’è sempre qualcuno affascinato dalle disobbedienza.

Promemoria: la sanzione amministrativa prevista dal decreto sicurezza è variabile da un minimo di 10mila fino a un massimo di 50 milaeuro e la confisca della nave scatta solo in caso di reiterazione delle violazioni contemplate dal nuovo decreto sicurezza bis. Cosa significa? Che anche per improvvida retroattività non si ravvedono finora reiterazioni poiché l’ultimo sbarco della Sea Watch a Lampedusa ha visto la restituzione della stessa nave e per lo sbarco di Gennaio 2019 a Catania, col precedente di Zuccaro (che ne riconobbe liceità senza nulla procedere) il rischio diviene inesistente.

Cosa accadrà quindi e cosa è già accaduto? Finalmente conosciamo tutti l’esatta distanza che separa due disobbedienti da un conflitto eterno: quelle 2 miglia marine tra la Sea Watch e il porto di Lampedusa giocano il ruolo del cancello simbolico che separa due cani rabbiosi. Di fatto, una volta abbattuta quella barriera calerà il silenzio e fa strano che proprio nel giorno in cui l’immagine di padre e figlio annegati nel Rio Grande abbia fatto il giro del mondo, non si sia mossa neanche una coscienza per far cessare quest’inutile guerra tra ribelli della domenica.