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L’attenzione sulla riapertura del caso Garlasco ha riportato al centro del dibattito pubblico la figura di Andrea Sempio, nuovamente coinvolto nelle indagini legate all’omicidio di Chiara Poggi. Tra apparizioni televisive, chiarimenti necessari e un forte impatto sulla sua vita privata, Sempio racconta il peso di un’inchiesta che continua a riemergere ciclicamente, modificando ogni volta il suo equilibrio personale e sociale.
Ecco le sue parole nell’intervista a Porta a Porta.
Andrea Sempio e il delitto di Garlasco: un’esistenza sospesa tra indagini e pressione mediatica
Nel pieno della nuova inchiesta sul delitto di Garlasco, Andrea Sempio descrive un quotidiano segnato da un senso costante di oppressione: un sentimento che, come lui stesso ammette, “Non posso negarlo”. Ospite di “Cinque minuti” e poi di “Porta a Porta”, l’uomo appare provato. Racconta di essere tornato a vivere nella stanza della sua adolescenza e di sentirsi come “ai domiciliari”, circondato dai giornalisti e impossibilitato a condurre una vita normale.
La percezione di un’attenzione insistente e ricorrente lo porta a sentirsi “un po’ perseguitato” e a parlare apertamente di paranoia, arrivando a misurare ogni parola detta persino ai familiari. La sua posizione, già messa alla prova negli anni, si complica ogni volta che le indagini tornano su di lui:
“C’è un certo accanimento, spero in buona fede”, afferma, evidenziando come anche i rapporti personali siano stati compromessi da questo clima costante di sospetto.
Chiarimenti, ricordi e dubbi: la verità sul rapporto con Chiara
Nel dialogo con Bruno Vespa, Sempio ricostruisce il proprio legame con Chiara Poggi, definendolo marginale e privo di ogni profondità, sottolineando come i sette anni di differenza e stili di vita lontani li collocassero “in due mondi diversi”. Ribadisce di non aver mai avuto accesso privato al computer della giovane – “È vero che ho giocato al pc di Chiara, ma non ho mai avuto accesso al computer, ero sempre con Marco” – e affronta anche i temi più controversi dell’inchiesta, dalla famosa impronta 33 al dna parziale trovato sotto le unghie della vittima, spiegando come nessuna consulenza abbia mai indicato una compatibilità certa.
Fornisce inoltre la sua versione sullo scontrino conservato il giorno dell’omicidio e sulle telefonate fatte alla famiglia Poggi, chiarendo la volontà di contattare l’amico Marco.
“Quella mattina mi trovavo a Vigevano, questo scontrino lo attesta, è successo questo evento… ovviamente lo abbiamo tenuto”.
Poi, sulle telefonate aggiunge:
“Sapevo che era andato in vacanza, non sapevo quando sarebbe tornato. Avevo cercato di contattarlo, ma non ci ero riuscito”.
Non manca un riferimento alle spese legali annotate dal padre, compreso il foglio con scritto “Venditti gip archivia x 20-30 euro”, che definisce un semplice promemoria amministrativo.
Andrea Sempio e l’assassino di Chiara Poggi: “Stasi colpevole”
Nel ricostruire il contesto delle sue conoscenze, Andrea Sempio ha chiarito con fermezza di non aver mai avuto rapporti con Alberto Stasi. Specifica di aver condiviso alcuni momenti con Marco Poggi e con la sorella Chiara, ma che il nome di Stasi non faceva parte della sua cerchia di amicizie.
“Credo che ormai sia stato acclarato in anni di processi e più sentenze, quindi io mi rifaccio a quello che hanno detto le sentenze: ad oggi il colpevole è Alberto Stasi e non ho motivo di pensare il contrario”.
Sottolinea inoltre che le loro vite non si sono mai intrecciate, né sul piano personale né su quello sociale, e che qualsiasi collegamento tra lui e Stasi nasce unicamente dalle indagini e non da rapporti reali. Questo distacco, afferma, è uno degli elementi che rende per lui ancora più difficile comprendere perché il suo nome torni ciclicamente al centro dell’attenzione giudiziaria e mediatica.
Guardando avanti, Sempio esprime un unico desiderio: recuperare una vita normale e lasciare alle spalle una vicenda che lo ha marchiato per anni, dichiarando che l’obiettivo finale è “l’oblio”.
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