La guerra in Ucraina ha messo in luce una trasformazione drastica della strategia russa, voluta da Putin, che si sta rivelando estremamente costosa e inefficace. Nonostante l’impegno militare massiccio, Mosca fatica a ottenere progressi significativi sul terreno, pagando un prezzo altissimo in termini di vite umane e risorse. Questo scenario preoccupa per le sue implicazioni a breve e lungo termine sul conflitto.
Putin e la strategia del ‘tritacarne’: ecco di cosa si tratta
La strategia adottata da Vladimir Putin nel conflitto in Ucraina è spesso descritta come una tattica del «tritacarne», un approccio brutale che punta a logorare le forze attraverso un massiccio impiego di uomini e mezzi, senza badare troppo alle perdite. Questa tattica, che richiama le guerre di usura del passato, mira a sfruttare la superiorità numerica e di armamenti della Russia per assorbire la resistenza nemica e procedere con avanzate lente ma inesorabili.
L’obiettivo strategico non è solo la conquista territoriale, ma anche la devastazione della capacità di combattimento ucraina, riducendo progressivamente la volontà e le possibilità di opposizione.
Dietro questa strategia si cela un piano ben più ampio: l’annessione di vaste porzioni dell’Ucraina orientale e meridionale, regioni chiave per la sicurezza e l’economia russa. Il controllo di queste aree permetterebbe a Putin di consolidare la sua influenza nel cuore dell’Europa orientale e di creare una «zona cuscinetto» stabile tra la Russia e l’Occidente. Tuttavia, questa scelta comporta un alto prezzo in termini umani e materiali, con migliaia di vittime e un enorme impatto sulla popolazione civile, alimentando allo stesso tempo una resistenza ucraina che non sembra destinata a cedere facilmente.
Putin e la strategia del tritacarne: perdite massive per pochi metri conquistati in Ucraina
Secondo fonti Nato riportate dall’agenzia ucraina ArmyInform, nei primi mesi del 2025 la Russia ha perso in media 975 soldati al giorno, un dato che riguarda solo i morti, escludendo feriti e dispersi. Complessivamente, tra gennaio e metà maggio, le perdite tra morti e feriti superano 1.140 al giorno, con l’85% dei feriti considerati “morti in azione”, una proporzione molto più alta rispetto al normale rapporto di un morto ogni tre feriti.
Lo Stato Maggiore ucraino stima che nei primi quattro mesi del 2025 Mosca abbia sacrificato circa 160.000 uomini per conquistare appena 1.627 km², pari a 99 caduti per ogni km² guadagnato. Dati confermati dall’Institute for the Study of War, che a fine 2024 parlava di 1.600 morti al giorno e 3.000 km² conquistati a fronte di 175.000 perdite.
Nonostante le enormi perdite, l’avanzata russa rallenta. La Russia nel 2025 ha conquistato solo lo 0,2% del territorio ucraino, metà rispetto allo 0,4% del 2024, segno che la strategia di logoramento non è sostenibile. Le truppe russe sono ormai composte soprattutto da reclute inesperte, inviate al fronte dopo quattro settimane di addestramento e usate in attacchi massicci senza adeguata copertura.
Il Cremlino punta sul vantaggio demografico, con 140 milioni di russi contro 35 milioni di ucraini, ma la mobilitazione ucraina, sostenuta da tecnologia, motivazione e una efficace intelligence — che ha recentemente distrutto 41 velivoli russi in basi lontane — riduce questo divario.