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Ratzinger: il legame con l'Italia e con i Presidenti Ciampi e Napolitano/Adnkronos

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Roma, 31 dic. (Adnkronos) - Un legame profondo con l'Italia e con i suoi Presidenti della Repubblica, divenuto vera e propria amicizia, senza mai varcare i confini del rispetto della laicità dello Stato, guardando al comune impegno per l'integrazione europea. Prima Carlo Azeglio Ci...

Roma, 31 dic. (Adnkronos) – Un legame profondo con l'Italia e con i suoi Presidenti della Repubblica, divenuto vera e propria amicizia, senza mai varcare i confini del rispetto della laicità dello Stato, guardando al comune impegno per l'integrazione europea. Prima Carlo Azeglio Ciampi, poi e soprattutto Giorgio Napolitano, sono stati i Capi dello Stato con i cui si è incrociato il pontificato di Benedetto XVI. Con il primo un anno, tra l'aprile 2005 e il maggio 2006, con il secondo dal 2006 fino al febbraio 2013, quando sembrava che per Napolitano si avvicinasse il momento del commiato e invece fu il Pontefice a lasciare in anticipo il soglio di Pietro, due mesi prima la rielezione dell'allora Presidente della Repubblica.

Momenti ufficiali di incontro, ma come detto un rapporto, che soprattutto nel caso di Napolitano, anche per ragioni temporali, si è trasformato in amicizia sul piano personale. "Non esito a confessare -affermò il Capo dello Stato in un'intervista all''Osservatore romano' del 13 luglio 2012- che una delle componenti più belle che hanno caratterizzato la mia esperienza è stato proprio il rapporto con Benedetto XVI. Abbiamo scoperto insieme una grande affinità, abbiamo vissuto un sentimento di grande e reciproco rispetto".

"Ma c'è di più, qualcosa che ha toccato le nostre corde umane. E io per questo gli sono molto grato. Ci sentiamo in un certo senso vicini, anche perché chiamati a governare delle realtà complesse. Il Papa naturalmente, oltre a essere un 'Capo di Stato', è anche e soprattutto guida della Chiesa universale. Io mi trovo al vertice delle istituzioni della Repubblica italiana in un momento molto, molto difficile. È necessario far prevalere in qualsiasi contesto delle forti motivazioni di serenità, di pace, di moderazione. Ecco, io sento molto questa mia missione di moderatore: è cosa dire della analoga missione che spetta al Pontefice?"

Poi, in quel fatidico 11 febbraio 2013, la reazione alle dimissioni di Benedetto XVI, in un'intervista a 'Porta a Porta', una settimana dopo l'incontro in Vaticano in occasione di un concerto per la celebrazione dell'anniversario dei Patti lateranensi. "Di certo io avevo avuto l'impressione -affermò Napolitano- di persona molto affaticata, molto provata. E poi, quando nella sala Nervi, nell'Aula Paolo VI, dopo che io ho rivolto qualche parola presentando il concerto, il Papa mi ha così affettuosamente salutato ponendomi la mano sulla spalla, quasi abbracciandomi, pensavo che fossi solo io prossimo a partire. E invece lo era anche lui…"

"Credo che il suo -commentò ancora il Capo dello Stato- sia stato un gesto di straordinario coraggio e di straordinario senso di responsabilità. Anche il tenere sulle proprie spalle un mandato così straordinariamente impegnativo, com'è quello del Pontefice della Chiesa cattolica, deve fare i conti con il prolungarsi della vita, e il prolungarsi della vita non sempre in condizioni egualmente sostenibili. Quindi, grande coraggio, grande generosità e, da parte mia, moltissimo rispetto".

Legami intensi sul piano personale, ma anche la conferma di una forte sintonia nel rapporto tra i due Stati, perchè, come sottolineò Ciampi ricevendo Benedetto XVI al Quirinale il 24 giugno del 2005, quello "fra la Santa Sede e l'Italia è un modello esemplare di armoniosa convivenza e di collaborazione. Un esempio tangibile di come si possono comporre, in spirito di pace, le controversie fra gli Stati".

Parole che trovarono poi conferma in quello che Napolitano affermò sempre nell'intervista all''Osservatore romano' del 2012: "Non dimenticherò mai -disse riferendosi al Sommo pontefice- il messaggio che ci ha rivolto in occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia: lo porto e lo porterò sempre con me come retaggio del mio mandato presidenziale".

"Ci si poteva aspettare certo un messaggio cordiale, formale, ma non tanto impegnativo come invece sono state le sue parole e anche il suo giudizio storico. E questo dimostra veramente come in Italia lo Stato e la Chiesa, il popolo della Repubblica e il popolo della Chiesa, siano così profondamente e intimamente uniti".

"L’unità d’Italia, realizzatasi nella seconda metà dell’Ottocento, ha potuto aver luogo -scrisse tra l'altro Benedetto XVI il 17 marzo del 2011- non come artificiosa costruzione politica di identità diverse, ma come naturale sbocco politico di una identità nazionale forte e radicata, sussistente da tempo. La comunità politica unitaria nascente a conclusione del ciclo risorgimentale ha avuto, in definitiva, come collante che teneva unite le pur sussistenti diversità locali, proprio la preesistente identità nazionale, al cui modellamento il Cristianesimo e la Chiesa hanno dato un contributo fondamentale". Il Papa ricordò poi "i due principi supremi che sono chiamati a presiedere alle relazioni fra Chiesa e comunità politica: quello della distinzione di ambiti e quello della collaborazione".

Già Ciampi, sempre nell'incontro al Quirinale con il Sommo pontefice del 2005, aveva sottolineato "con orgoglio, come Presidente della Repubblica italiana e come cittadino, la laicità della Repubblica italiana. La necessaria distinzione fra il credo religioso di ciascuno, e la vita della comunità civile regolata dalle leggi della Repubblica, ha consolidato, nei decenni, una profonda concordia fra Chiesa e Stato. La delimitazione dei rispettivi ambiti rafforza la capacità delle autorità della Repubblica e delle autorità religiose di svolgere appieno le rispettive missioni e di collaborare per il bene dei cittadini".

Concetti poi ribaditi negli incontri in Vaticano e al Quirinale nel 2006 e nel 2008 tra Napolitano e Benedetto XVI. Senza dimenticare il comune impegno di Italia e Santa sede per l'integrazione europea. "L'unità dell'Europa non è un'utopia, non è un accidente della storia", affermò Ciampi nel 2005, con il Papa che ricordò come dall’Italia potesse derivare "un contributo validissimo all’Europa, aiutandola a riscoprire quelle radici cristiane che le hanno permesso di essere grande nel passato e che possono ancora oggi favorire l’unità profonda del Continente".

E suonano particolarmente attuali le parole pronunciate da Napolitano nell'incontro con Benedetto XVI al Quirinale il 4 ottobre del 2008, quando sottolineò la necessità del "consolidamento della pace e della cooperazione tra gli Stati e tra i popoli, contro ogni rischio di ritorno a contrapposizioni del passato sotto ogni aspetto fatali. A questo impegno un contributo prezioso è chiamata a dare l'Europa unita, secondo un disegno caro a Lei non meno che a noi e lungo un cammino che non deve fermarsi". (di Sergio Amici)