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Riforma dei centri estetici e parrucchieri: tra professionalità e abusivismo

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La riforma proposta da Ancorotti potrebbe segnare un punto di svolta nel settore estetico italiano, ma ci sono aspetti critici da considerare.

Diciamoci la verità: la proposta di legge depositata dal senatore Renato Ancorotti, volto noto di Fratelli d’Italia, non è solo una riforma del settore estetico, ma un tentativo di mettere ordine in un panorama professionale che spesso sa di improvvisazione. Con oltre 42.000 imprese di estetica in Italia e più di 100.000 parrucchieri e barbieri, la situazione attuale è un mix di eccellenza e abusivismo.

Ma sarà davvero sufficiente un cambiamento normativo per risolvere i problemi del settore?

Un settore in crescita ma con ombre

Il re è nudo, e ve lo dico io: nonostante la fiorente crescita del mercato della bellezza, con un fatturato che supera i 7,3 miliardi di euro, ci sono realtà che navigano nell’illegalità. Il ddl Ancorotti propone di introdurre profili professionali specifici e di rendere obbligatoria la formazione con esami di abilitazione. Ma siamo certi che questo basterà a combattere l’abusivismo? Secondo gli ultimi dati, il settore è costellato di piccole imprese, spesso a conduzione familiare, che operano senza le necessarie autorizzazioni. Da un lato, è giusto alzare il livello della professionalità; dall’altro, si corre il rischio di strangolare chi, pur operando con passione e dedizione, non ha le risorse per affrontare corsi impegnativi e costosi.

Formazione e professionalità: un passo avanti o un ostacolo?

La realtà è meno politically correct: l’introduzione di nuove figure professionali come l’onicotecnico e il truccatore tecnico, con corsi di formazione obbligatori di almeno 600 ore, potrebbe rappresentare un’opportunità, ma anche una barriera insormontabile per molti. Chi è già nel settore da anni, magari con una clientela affezionata, si troverà a dover affrontare un esame per continuare a lavorare. Non si tratta solo di un salto di qualità, ma di un vero e proprio test di sopravvivenza. E chi non riesce a superarlo? Rischia di perdere il proprio lavoro e, in alcuni casi, di dover chiudere l’attività. La formazione è essenziale, ma non può diventare un’arma a doppio taglio, capite? Bisogna trovare un equilibrio.

Sanzioni: un deterrente o una mannaia?

So che non è popolare dirlo, ma l’inasprimento delle sanzioni per chi lavora abusivamente non è la soluzione definitiva. Con multe che possono arrivare fino a 50.000 euro, ci si chiede se questo porterà realmente a una diminuzione dell’abusivismo o piuttosto a una maggiore clandestinità. La paura di essere pizzicati, invece di incentivare la regolarizzazione, potrebbe spingere molti a lavorare nell’ombra. È un circolo vizioso che non si risolve con la sola repressione. La formazione e la professionalità devono andare di pari passo con politiche di supporto e incentivi per chi vuole mettersi in regola.

In conclusione, la riforma proposta da Ancorotti è certamente un passo verso la professionalizzazione del settore estetico, ma non può esaurirsi in un incremento di sanzioni e corsi formativi. È fondamentale un approccio equilibrato che tenga conto delle realtà locali, delle piccole imprese e delle difficoltà economiche che molti di questi professionisti affrontano ogni giorno. Invito quindi i lettori a riflettere e a non prendere per oro colato ciò che viene proposto. Solo un pensiero critico può aiutarci a discernere tra il progresso reale e le mere illusioni di riforma.