Coronavirus, Stati Uniti scommettono su una terapia italiana

Il brevetto, di un veterinario italiano che studia all'Università di Camerino, è stato depositato a Washington.

Potrebbe arrivare dall’Italia una terapia vincente contro il coronavirus: gli Stati Uniti l’hanno già prenotata, mentre il brevetto è stato depositato a Washington.

Diversi pazienti, in Nord America e Canada, sono pronti a testare questa nuova terapia che è stata studiata da un’equipe guidata dal veterinario Giacomo Rossi, professore dell’Università di Camerino. Il medico veterinario livornese della Scuola di Bioscienze e Medicina veterinaria di Unicam è partito al coronavirus del gatto, il FeCoV, una patologia grave e senza un vaccino protettivo: spesso ha esito letale. Da qui è approdato, per fasi successive, a un protocollo di cura per gli umani che è stato acquisito dall’imprenditore Francesco Bellini, a sua volta scienziato, cofondatore della società canadese Biochem Pharmache ed ex presidente dell’Ascoli.

Coronavirus, la terapia italiana

Giacomo Rossi ha rivelato a La Repubblica di aver studiato sui lavori dei medici cinesi, i primi ad aver analizzato il nuovo coronavirus, e di essere stato favorito dal forte legame dell’Università di Camerino con il mondo imprenditoriale marchigiano.

Lo studio è stato analizzato dall’imprenditore Bellini, membro del Consiglio di amministrazione di Montreal Heart Institute Foundation e Canada Science Technology & Innovation Council. È nato così il brevetto che, in tre giorni, è stato depositato a Washington. Alcuni ospedali statunitensi e canadesi lo hanno già prenotato. Ma in cosa consiste?

Il veterinario livoverne si è accorto, studiando il modo con il quale i coronavirus si legano alle cellule dell’ospite, di una particolarità di questo coronavirus: presenta un numero maggiore di legami con i siti di Ace2, il recettore cellulare che Covid-19 utilizza per entrare nelle cellule del polmone, dell’apparato digerente e del tratto genito-urinario dell’uomo.

Giacomo Rossi ha evidenziato come: “Questi siti, detti di glicosilazione, sono aree in cui molecole di zucchero semplice si legano a una proteina ancorata sulla membrana cellulare. Ho notato che tutti questi siti sono costantemente legati all’ultimo amminoacido della proteina di membrana, l’Asparagina. Da qui l’idea di utilizzare un vecchio farmaco, noto agli oncologi che lo usano nella terapia della leucemia acuta dei bambini, la L-Asparaginasi”.

I farmaci della terapia italiana

Il medico livornese, autore dello studio di ricerca di questa terapia italiana, ha sottolineato come: “Si tratta di un enzima che, eliminando l’aminoacido Asparagina, taglia di fatto il legame del virus con il suo specifico recettore cellulare”. Questo medicinale consente di bloccare l’infezione e, eliminata l’Asparagina, il coronavirus: “Non ha più alcun punto di attacco”.

Quali sono i farmaci che si utilizzeranno in questa terapia? “Unito alla già nota Clorochina che funziona bloccando l’ingresso del virus nella cellula tramite un altro meccanismo, e all’Eparina, che previene il danno acuto vascolare indotto dalla tempesta dell’infiammazione, copre in maniera completa infezione ed effetti dell’infezione sull’uomo”. Per quanto concerne le tempistiche, però, Rossi è cauto: “Ci vorrà almeno un mese per avere i primi risultati”.