Covid, sviluppato un nuovo test sierologico che rileva i linfociti T

Un nuovo test sierologico è stato sviluppato da una società statunitense. Lo scopo è ricercare i linfociti T, cellule che hanno memoria dell'infezione

Un nuovo test sierologico è stato messo a punto da una società americana, che dovrebbe essere in grado di rilevare la quantità di linfociti T di una persona entrata in contatto con il Coronavirus.

Un nuovo test sierologico ricerca i linfociti T

Attualmente i test sierologici che vengono utilizzati nei laboratori di analisi, hanno lo scopo di ricercare la risposta anticorpale del nostro organismo nei confronti del Coronavirus. É un test funzionale, con un alto livello di affidabilità. Adesso però un team statunitense ha messo a punto un nuovo test, che anzichè basarsi sulla quantità di anticorpi presenti nel nostro organismo, è in grado di misurare la risposta delle cellule T al SARS-CoV-2.

I linfociti T, sono un gruppo di cellule fondamentali coinvolte nella risposta immunitaria del nostro organismo nei confronti di un attacco esterno, nel caso specifico il Covid. 

Hanno un ruolo fondamentale, riconoscono l’agente patogeno, e sono in grado di attivare la nostra risposta immunitaria, indirizzando le altre cellule, macrofagi e linfociti B, verso l’intruso, oltre a mantenere memoria dell’infezione. 

Come funziona il test

Il nuovo test, studiato dal team della società Adaptive Biotechnologies, con sede a Seattle, è in grado di valutare il ruolo dei linfociti T nella malattia da Coronavirus.

I test sono stati effettuati sui dati della popolazione di Vò Euganeo, che nel periodo di Marzo era stata sottoposta a tampone, con risulttai sorprendenti: è stato in grado di identificare, con una percentuale pari al 97%, coloro che avevano avuto l’infezione virale; rispetto al tradizionale test sierologico anticorpale, che invece ha un’affidabilità pari al 77%.

Perchè si è reso necessario lo sviluppo del nuovo test

Il nuovo test è stato sviluppato per via delle preoccupazioni sorte in seguito alla scoperta che gli anticorpi hanno una durata limitata, cioè sono presenti nell’organismo di coloro che hanno superato la malattia, solo per un breve periodo di tempo, pari a circa 4 mesi.

In teoria quindi, poichè non ci sono prove esaustive, c’è la possibilità che superati quei 4 mesi, una persona sia di nuovo suscettibile di infezione, nel caso in cui venisse a contatto con un positivo.

Questo nuovo test invece, potrebbe essere in grado di dimostare che i linfociti T in grado di riconoscere il Covid, sono presenti per un periodo più lungo, portando quindi l’organismo ad avere una memoria dell’infezione ed essere in grado di rispondere in maniera efficace ad un nuovo eventuale contagio.

Secondo uno studio svedese, è stato dimostrato che coloro che hanno auvto contatti con il Coronavirus, hanno sviluppato un numero doppio di linfociti T, rispetto alla quantità di anticorpi che viene generalmente identificata con il test anticorpale. Ci sarebbe quindi la possibilità che una fetta maggiore di popolazione abbia sviluppato una immunità di gregge. Ipotesi al momento tutte da dimostrare, che devono essere suffragate da prove scientifiche inconfutabili.