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Laura Santi morta con il suicidio assistito: il suo addio riaccende il confronto sull’eutanasia

laura santi morta

Laura Santi è morta scegliendo il suicidio assistito: una decisione sofferta che porta l’Italia a riflettere ancora una volta sul diritto all’autodeterminazione e alla dignità.

Laura Santi non ha semplicemente detto addio alla vita. Lo ha fatto nel modo che aveva scelto, nel momento che sentiva suo. E con accanto la persona che amava.

La storia di Laura Santi morta dopo un lungo percorso di dolore e diritti

Giornalista, 50 anni, umbra. Una donna che per anni ha lottato contro una sclerosi multipla avanzata, progressiva, feroce.

E quando le parole non bastavano più, ha cominciato a parlare con i fatti. Laura Santi è morta a casa sua, a Perugia, dopo essersi autosomministrata un farmaco letale. Il tutto sotto la supervisione di medici volontari. Accanto a lei suo marito, Stefano. Sempre. Anche nell’ultimo istante.

A darne notizia è stata l’Associazione Luca Coscioni, di cui Laura era attivista e consigliera generale. È proprio attraverso l’associazione che ha lasciato le sue ultime parole. “Non potete capire che senso di libertà. Dall’inferno quotidiano. Mi porto via sorrisi. Bellezza. Ricordatemi.” Parole semplici, feroci. Piene di una lucidità che spiazza.

Il via libera all’accesso al suicidio assistito era arrivato dalla sua Asl solo un mese fa, dopo tre anni di richieste, denunce, diffide, ricorsi. Una trafila estenuante, per un diritto già riconosciuto dalla Consulta con la sentenza 242 del 2019. Ma che nella pratica, in Italia, resta un campo minato.

Con Laura Santi morta, si riapre il dibattito sul fine vita in Italia

Laura è stata la prima cittadina umbra ad accedere legalmente alla morte volontaria assistita. In tutto il Paese, è solo la nona. Prima di lei, Federico Carboni, la signora “Gloria”, “Anna”. Casi diversi, ma accomunati dallo stesso percorso ad ostacoli.

C’è chi ha cambiato idea. Chi no. Ma la battaglia per rendere questo diritto davvero accessibile continua. E Laura ne è diventata simbolo. A sua insaputa forse. O forse no.

Il farmaco, la strumentazione, i protocolli: tutto predisposto dalla Asl. Ma il personale sanitario che ha assistito Laura ha scelto di esserci. Volontari. Come volontaria era lei, in quella causa più grande di sé stessa.

Ora, che Laura Santi è morta, restano le sue parole. E una domanda che continua a bussare: chi può decidere sulla nostra fine, se non noi?