La tragedia del Natisone ha spinto le famiglie delle vittime a chiedere un risarcimento per le vite spezzate e il dolore subito.
La tragedia del Natisone: le famiglie chiedono giustizia
Il caso, la tragedia del Natisone, è ancora aperto, ha preso una piega giudiziaria netta. L’avvocato delle famiglie, Andrea Ruggero, ha depositato gli atti di costituzione di parte civile nel procedimento penale.
Tre vigili del fuoco e un infermiere della Sores sono imputati per la morte dei ragazzi. La macchina dei soccorsi è sotto accusa. “Non era un giorno come gli altri”, racconta la signora Doros, visibilmente commossa, davanti al tribunale. “Mio figlio… era un ragazzo pieno di vita. Non doveva finire così”.
Sul posto, quel maledetto pomeriggio, la piena ha travolto tutto in pochi minuti. Testimoni, come Marco Cormos, uno dei cugini sopravvissuti, ricordano il rumore assordante dell’acqua e il panico che ha invaso il piccolo borgo. “Sembrava che il fiume volesse inghiottirci. Nessuno poteva immaginare… nulla”. I giornalisti locali hanno raccolto queste parole in un reportage dettagliato pubblicato dal Messaggero Veneto, documentando scene di dolore e disperazione che difficilmente si dimenticano.
L’atto di costituzione di parte civile non riguarda solo il dolore. C’è la richiesta di risarcimento per danni patrimoniali, ma anche per danni non patrimoniali, biologici e morali. “Vogliamo che venga riconosciuta la responsabilità di chi avrebbe dovuto proteggere i nostri figli”, aggiunge Ruggero. Il procedimento penale potrebbe durare mesi, forse anni. Ma le famiglie vogliono vedere giustizia. Subito, ma anche lentamente, come spesso succede quando le responsabilità si intrecciano tra istituzioni e soccorsi.
Il risarcimento per la tragedia del Natisone: la battaglia legale
Tra le carte depositate per il risarcimento del caso della tragedia del Natisone, emerge la critica serrata alla gestione dell’emergenza. Secondo il fascicolo, i vigili del fuoco avrebbero sottovalutato la portata della piena e l’infermiere della Sores non avrebbe garantito il coordinamento necessario. Piccoli dettagli, si dirà, ma che hanno segnato una vita intera. La Procura di Udine ha già avviato le indagini, ascoltando testimoni e analizzando i video delle telecamere di sicurezza presenti in zona.
Gli avvocati delle famiglie sottolineano anche l’impatto psicologico sui genitori e sui fratelli dei ragazzi. “Non dormiamo più”, confessa la signora Molnar a un cronista de Il Friuli. “Ogni volta che sentiamo un rumore d’acqua… è come se rivivessimo tutto”. E c’è un altro aspetto che pesa: la comunità stessa, ferita e incredula, cerca risposte. A Natisone, tra le case in pietra e le strade strette, le persone si fermano a parlare del disastro, ricordando i ragazzi come se fossero ancora lì, a correre lungo le rive del torrente.
La cifra di 3,7 milioni diventa simbolo, oltre che somma concreta. È il tentativo di misurare un dolore che non si può misurare. I legali parlano di un percorso difficile, tra cause civili e penali, e la stampa locale documenta ogni passo. I cronisti, dal loro osservatorio, riportano non solo le cifre e i nomi, ma l’umano dietro la tragedia: i ricordi dei ragazzi, i gesti dei soccorritori, le lacrime delle madri.