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Ucraina, decisione storica dell’Ue sul congelamento degli asset russi: l’Italia chiede prudenza

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L’Ue approva il congelamento degli asset russi, ma l’Italia aderisce con prudenza e sollecita tutele politiche e giuridiche prima di qualsiasi impiego dei fondi.

L’Unione Europea ha approvato il congelamento a tempo indeterminato degli asset russi, superando il veto di Ungheria e Slovacchia. L’Italia ha votato a favore insieme ad altri Paesi, ma ha chiarito che si tratta di un sì prudente, senza automatismi sull’utilizzo dei fondi e con la richiesta che le decisioni finali restino nelle mani dei leader europei.

Il congelamento permanente e la frattura politica in Europa

La decisione passa con il sostegno di 25 Stati membri su 27, mentre Ungheria e Slovacchia restano isolate nel loro no. Tuttavia, il fronte dei favorevoli non è compatto. Italia, Belgio, Bulgaria e Malta votano sì con evidenti riserve, chiarendo che la loro adesione nasce esclusivamente da uno “spirito di cooperazione” e dalla volontà di ribadire il sostegno a Kiev, non da una piena condivisione del metodo.

Il provvedimento introduce due elementi chiave: da un lato elimina la necessità di rinnovare ogni sei mesi, all’unanimità, il blocco dei beni della Banca centrale russa; dall’altro fa ricorso all’articolo 122 del Tfue, che consente di aggirare il veto in situazioni di emergenza. Una scelta che ha permesso di neutralizzare le resistenze di Orbán e Robert Fico e che, come ammesso da Antonio Tajani, apre ora il terreno a uno scontro politico diretto: “Qui ci sarà il confronto politico”.

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Se a Palazzo Berlaymont il clima è di determinazione, nelle capitali più caute prevale la prudenza. Ursula von der Leyen ha definito il voto “un segnale forte alla Russia e un messaggio potente all’Ucraina”, sottolineando che finché la guerra continuerà “i costi per la Russia continueranno ad aumentare”.

Tuttavia, Roma e gli altri tre governi hanno voluto mettere nero su bianco i propri paletti: il congelamento non implica automaticamente l’utilizzo dei fondi e non deve creare precedenti nella politica estera e di sicurezza comune. In una dichiarazione congiunta hanno avvertito che il ricorso all’articolo 122 “comporta conseguenze giuridiche, finanziarie, procedurali e istituzionali che potrebbero andare ben oltre questo caso specifico” e hanno chiesto di esplorare soluzioni alternative, come prestiti Ue o strumenti ponte, con “rischi significativamente inferiori”.

Intanto, da Mosca arriva il contrattacco legale, con la causa avviata contro Euroclear, subito liquidata dal commissario Valdis Dombrovskis come iniziativa “di natura speculativa”. Il nodo vero, però, resta politico e approderà al Consiglio europeo del 18 dicembre, chiamato a decidere non solo sul futuro degli asset, ma anche sulla capacità dell’Unione di tenere insieme fermezza verso il Cremlino e unità interna in una fase che molti a Bruxelles descrivono come uno spartiacque.