A cavallo dei due millenni il mondo è radicalmente cambiato: un’esplosione tecnologica si è associata a un altrettanto deterioramento climatico e le nuove grandi imprese hanno iniziato a capire che è necessario un radicale cambiamento di prospettiva. Alcuni stanno cercando di ripensare la rigida struttura gerarchica, provando a decentrare e riorganizzare tutte le funzioni sull’intero corpo aziendale responsabilizzando ogni cellula del corpo ( leadership partecipativa ). Sicuramente un passo avanti ma non sufficiente: cambiano gli aggettivi (partecipativa, sostenibile, inclusiva, …) ma non si mette in dubbio il sostanziale leadership ancorato a una visione gerarchica e “animale” dell’impresa. Il mondo vegetale, proprio per la sua organizzazione, può diventare un esempio molto più democratico e soprattutto privo di atteggiamenti e processi tipici della “cultura dello scarto”.
La metafora vegetale consentirebbe ad un’azienda, intenzionata a modificare il proprio paradigma, di lavorare su un concetto di sussidiarietà manageriale che valorizza la creatività, la fidelizzazione e la soddisfazione dei propri dipendenti. Il considerarsi parte di un ecosistema con cui interagire, con rapporti cooperativi permetterebbe di sviluppare modelli di rendicontazione, relazione e comunicazione non di un corpo indipendente dall’ambiente circostante ma, come in una foresta, il frutto di relazioni simbiotiche. Non dall’ultimo, e soprattutto non a discapito dei risultati, sarebbe naturalmente più evidente che la prima e vera natura dell’azienda è la cooperazione e non la competizione . Così come accade nel bosco, dove la competizione (ad esempio per la luce) consente che si sviluppino piante che mantengano la vita ai livelli più bassi.
Ma questo è solo l’inizio, quale può essere il rapporto tra nicchie ecologiche e creatività, tra fotosintesi e gratuità o tra biodiversità e fraternità? Lo scopriremo grazie alla guida della nostra piccola Heidi.