Una scena confusa, tesa, finita al centro di un caso internazionale. E tutto accade su un volo partito da Valencia.
Vueling e il caso dei ragazzi ebrei: caos su un volo diretto a Parigi
Mercoledì. Aeroporto di Valencia. Un gruppo di adolescenti francesi, tutti appartenenti alla comunità ebraica, si imbarca sul volo Vueling VY8166 diretto a Parigi.
Ma non decolleranno mai. Il comandante decide di farli scendere. Tutti e 44 i minori, più otto adulti. Cos’è successo?
Due versioni, agli antipodi. Da una parte, Vueling e la Guardia Civil parlano di comportamenti “indisciplinati”. Interruzioni durante le dimostrazioni di sicurezza. Manomissioni delle apparecchiature di emergenza. Avvisi ignorati. Alla fine, la decisione del pilota: farli sbarcare. Punto.
Dall’altra, i genitori dei ragazzi ebrei. I coordinatori del viaggio. E il Kinneret Club, che ha organizzato il campo estivo in Spagna. Tutti convinti che si sia trattato di discriminazione. “Un atto antisemita”, dicono. Qualcuno cantava in ebraico – e lì sarebbero cominciati i rimproveri. Silenzio, sguardi, poi la decisione. Via tutti dall’aereo.
Vueling nella bufera dopo l’espulsione dei ragazzi ebrei: sicurezza o discriminazione?
Vueling ha risposto con un comunicato duro. Nessuna motivazione religiosa, chiariscono. Solo norme di sicurezza violate. Il gruppo avrebbe avuto un “atteggiamento altamente dirompente”. Uno dei tutori, una donna, si è rifiutata di lasciare l’aereo. Arrestata. Poco dopo, rilasciata. La Guardia Civil conferma: non sapevano che i passeggeri fossero ebrei.
Ma non basta a spegnere la polemica. Karine Lamy, madre di uno dei ragazzi, parla di “calma” a bordo e accusa l’equipaggio. Il Ministro israeliano per gli Affari della Diaspora, Amichai Chikli, prende posizione: episodio grave, dice. Il direttore del campo? Anche lui arrestato. “Cantavano in ebraico. Tutto qui.”
Ora il Kinneret Club prepara una causa in Francia. L’avvocata Julie Jacob annuncia una denuncia per “violenza fisica e psicologica, e discriminazione religiosa”. E sottolinea: i bambini avevano meno di 15 anni. Circostanza aggravante.
Mentre la Federazione delle Comunità Ebraiche di Spagna chiede chiarezza. “I racconti sono troppi, ma nessuno spiega davvero cosa sia successo.” E la domanda resta sospesa, pesante: è stata davvero una questione di sicurezza? O qualcosa di molto più profondo, e più scomodo?