Washington, 24 lug. (askanews) – Voto bipartisan a Washington in una sottocommissione della Camera dei Rappresentanti per citare in giudizio il Dipartimento di Giustizia e ottenere i documenti relativi all’indagine Jeffrey Epstein, l’ex imprenditore morto in carcere a New York sei anni fa e accusato di abusi sessuali e traffico di minorenni in inchieste che coinvolgono personaggi noti – fra cui proprio il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
La sottocommissione ha votato con otto sì e due no, con tre voti repubblicani: sintomo del malessere che l’intero affare Epstein sta provocando nel partito di Trump.
A fare scalpore è una sequela di rivelazioni del Wall Street Journal che indicano gli stretti rapporti di Trump con Epstein, anche se negati dal presidente; l’ultimo scoop è che Trump sapeva già a maggio che il suo nome compariva “più volte” nei documenti riservati sull’indagine Epstein. Lo aveva avvertito personalmente una sua fedelissima, la ministra della Giustizia Pam Bondi, presentandogli un dossier pieno di riferimenti a centinaia di personalità di alto profilo, Trump incluso. Eppure, poche settimane dopo, proprio Bondi ha detto pubblicamente che “nulla nei documenti giustificava ulteriori indagini”, annunciando la chiusura anticipata del riesame.
La Casa Bianca si affanna a bollare tutto come “fake news”, ma le notizie si accumulano. Il Wall Street Journal è già stato escluso dal pool dei media presidenziali dopo aver pubblicato una lettera dai toni osceni che Trump aveva inviato a Epstein nel 2003.