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Zoonosi, la prossima pandemia? È già in incubazione

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Dopo il Covid, tutti parlano di prevenzione. Ma il vero fronte si chiama “One Health” e passa dalla salute degli animali. Il report shock di Altems Advisory (Università Cattolica): il 58% dei patogeni umani ha origine zoonotica

L’hanno chiamata “emergenza”, ma era solo questione di tempo. Il Covid-19 ci ha colti impreparati, ma non imprevedibilmente. I dati lo dicevano già da anni: oltre la metà dei virus che colpiscono l’uomo – il 58% – arriva dagli animali. Eppure il legame tra salute animale e salute umana è ancora sottovalutato, ignorato o delegato a qualche nota a piè pagina nei documenti ministeriali.

Nel nuovo report di Altems Advisory, spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il quadro è chiarissimo: le zoonosi sono la più grande minaccia alla salute globale. Malattie come Ebola, SARS, MERS, aviaria e infine Covid-19 hanno tutte un’origine animale. E la prossima pandemia potrebbe essere già in circolazione – in una stalla, un allevamento, o un mercato di animali vivi.

 Covid-19 non è stato un incidente

Perché nessuno ce l’ha detto prima? In realtà, lo sapevamo. Lo sapevano scienziati, veterinari, epidemiologi, e chi lavora ogni giorno a contatto con gli animali. Le zoonosi non sono “casi eccezionali”. Sono il risultato di un equilibrio spezzato tra uomo, ambiente e animale. E il prezzo lo paghiamo tutti. Lo aveva scritto David Quammen nel suo celebrerrimo libro “Spillover” uscito nel 2012 (!).

E per restare in Italia, era il 2018 quando il prof. Stefano Vella, docente di Global Health all’Università Cattolica di Milano, scriveva un articolo destinato a suonare come una profezia. Il titolo? “Qualcosa accadrà e saranno guai”, pubblicato su la Repubblica. Un grido d’allarme inascoltato, che oggi risuona con forza dopo gli anni drammatici della pandemia da Covid-19.

Secondo Vella, che ha partecipato alla presentazione del report di Altems in Senato, ogni anno avvengono tra i 70 e i 100 spillover — quei passaggi di virus dagli animali all’uomo che sono all’origine delle zoonosi. E molti di questi nuovi virus oggi provengono dall’Africa, dove il collasso di regimi, guerre civili e l’anarchia diffusa hanno reso impossibile qualsiasi forma di controllo sanitario e veterinario.

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Dal punto di vista dell’impatto, secondo Altems, solo negli ultimi due decenni le malattie zoonotiche hanno causato oltre 100 miliardi di dollari di danni economici. A cui si aggiungono gli oltre 9.000 miliardi stimati come impatto globale della pandemia da Covid. Un numero che dovrebbe bastare da solo a riscrivere tutte le priorità della sanità pubblica.

One Health cos’è? Un’unica salute, uno stesso rischio

Il concetto è semplice, e si chiama One Health: un’unica salute, che unisce uomini, animali e ambiente. Non esistono compartimenti stagni. Se un virus si diffonde tra animali da allevamento, o tra gli animali domestici, è solo questione di tempo prima che arrivi a noi. Eppure, nella maggior parte dei sistemi sanitari, la medicina veterinaria è ancora considerata una “disciplina a parte”.

Il report dell’Università Cattolica avverte: non si può più curare l’uomo senza curare l’animale. Prevenzione, sorveglianza, vaccinazione e igiene negli allevamenti sono oggi armi strategiche di sanità pubblica. Ma vengono trattate come spese accessorie. Fino al prossimo disastro.

 Sicurezza alimentare: carne, latte, uova, la catena che ci espone

Con l’aumento della popolazione mondiale e della domanda di proteine animali, la produzione di carne e latte crescerà del 70% entro il 2050. Dietro questo dato c’è una bomba a orologeria: più animali, più densità, più rischio di agenti patogeni zoonotici. Le condizioni igienico-sanitarie degli allevamenti, il sovraffollamento e l’uso massiccio di antibiotici creano il mix perfetto per nuove mutazioni virali.

Secondo i dati Altems, una gestione zooigienica avanzata e sistemi di monitoraggio integrati possono ridurre drasticamente il rischio di trasmissione. Ma servono investimenti, formazione, collaborazione tra sistemi sanitari umani e veterinari. Invece oggi, chi si occupa della salute animale lavora troppo spesso in solitudine.

Salute animale, il costo della non-prevenzione

Il paradosso è servito: ogni euro non speso in prevenzione diventa miliardi spesi in emergenza. Il Covid-19 lo ha dimostrato in modo brutale. Eppure, in Italia, i fondi per la salute animale restano marginali, e la cultura del rischio zoonotico è ancora assente nel dibattito politico.

“Il nostro sistema sanitario – si legge nel report – continua a reagire invece di prevenire”. Un errore fatale. Perché nel momento in cui si individua una nuova zoonosi, è già troppo tardi. Il virus ha già fatto il salto di specie. E l’umanità ha già perso settimane preziose.

 Salto di specie e sorveglianza sanitaria, un fronte che nessuno presidia

Secondo Altems, la salute animale è oggi la prima linea di difesa contro le pandemie. Eppure, non ha voce, né spazio. Solo poche regioni italiane (come Lombardia ed Emilia-Romagna) hanno avviato progetti stabili di sorveglianza veterinaria integrata. In gran parte del Paese, mancano piani strutturati, dati aggiornati e reti di comunicazione tra sanità umana e veterinaria.

Serve un salto culturale, prima ancora che normativo. Perché l’epidemia non bussa: entra. E lo fa dove le porte sono aperte. Negli allevamenti intensivi, nei mercati, nei rifugi senza controllo, nei laboratori non coordinati. O in una casa qualsiasi, dove un animale malato può diventare inconsapevolmente il vettore di un nuovo disastro sanitario.

Report Altems, perché è importante

Il report Altems non lascia spazio a dubbi: non è più questione di “se” ci sarà una nuova pandemia, ma “quando”. Eppure siamo ancora qui a fingere che basti rafforzare le terapie intensive o le scorte di vaccini. Serve prevenzione vera, integrata, globale. Serve una politica sanitaria che parta dagli animali, non solo dagli esseri umani. Il rischio è sotto gli occhi di tutti. Ma come spesso accade, resterà invisibile finché non sarà troppo tardi.