L’attivista iraniana Narges Mohammadi, vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023, è stata nuovamente arrestata durante una cerimonia commemorativa, sottolineando ancora una volta le difficoltà e i rischi che affrontano i difensori dei diritti umani in Iran.
Intensificazione della repressione in Iran
Secondo Mohammadi, le autorità iraniane hanno accentuato la pressione sulla società civile dopo il cessate il fuoco di giugno con Israele, colpendo in particolare attivisti, giornalisti e critici del regime.
I gruppi per i diritti umani segnalano che l’Iran continua a essere uno dei Paesi più restrittivi al mondo per la libertà di espressione, dove il rischio di arresti arbitrari, processi e incarcerazioni è costantemente presente.
L’arresto di Mohammadi e dei suoi colleghi evidenzia come la lotta per i diritti umani in Iran rimanga estremamente rischiosa. Come ha dichiarato la stessa attivista, “qualsiasi nuovo arresto sarà un atto di disobbedienza civile”, sottolineando la sua determinazione a non piegarsi di fronte alla pressione statale.
Arrestata la Nobel per la Pace Narges Mohammadi
Narges Mohammadi, vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023, è stata arrestata insieme a diversi attivisti durante una cerimonia commemorativa a Mashhad, nel nord-est dell’Iran. L’evento ricordava Khosrow Alikordi, stimato avvocato per i diritti umani la cui morte recente ha suscitato indignazione nell’opinione pubblica.
Tra gli arrestati figurano anche le attiviste Sepideh Gholian, Hasti Amiri, Pouran Nazemi e Alieh Motalebzadeh. Secondo quanto riferito dalla Fondazione Narges Mohammadi e da organizzazioni locali per i diritti umani come Hengaw, l’intervento delle forze di sicurezza sarebbe avvenuto direttamente durante la cerimonia, trasformando un momento di lutto in un’ulteriore repressione politica.
Mohammadi, 53 anni, stava scontando una pena complessiva di 13 anni e nove mesi per accuse legate alla sicurezza nazionale, ma era temporaneamente fuori dal carcere di Evin a Teheran per motivi di salute.
In un’intervista ad agosto alla rivista tedesca Der Spiegel, Mohammadi ha raccontato di aver ricevuto intimidazioni di morte dirette e indirette, tanto che il presidente del Comitato norvegese per il Nobel osservò che la sua vita era “in pericolo”, citando le minacce di “eliminazione fisica” da parte di agenti statali.
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