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Brunetta e l’aumento di stipendio: caos politico e dietrofront dopo le critiche di Meloni

Brunetta aumento stipendio

L’aumento dello stipendio di Brunetta, poi revocato, ha acceso il dibattito sulle disuguaglianze tra classe dirigente e cittadini.

La vicenda che ha coinvolto Renato Brunetta, presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), ha riacceso il dibattito pubblico su stipendi, privilegi e credibilità delle istituzioni. L’ex ministro di Forza Italia è finito al centro delle polemiche per aver deliberato un incremento del proprio stipendio, portandolo da 250mila a oltre 310mila euro annui, in seguito a una sentenza della Corte Costituzionale che aveva eliminato il tetto ai salari dei dirigenti pubblici.

La notizia, resa pubblica dal quotidiano Domani, ha provocato una bufera politica che ha coinvolto maggioranza e opposizione, fino alla decisione dello stesso Brunetta di revocare l’aumento “con effetto immediato”.

Brunetta al centro delle polemiche: un aumento contestato

Renato Brunetta ha motivato l’aumento del proprio stipendio come semplice recepimento di una sentenza della Corte Costituzionale che, a luglio, aveva dichiarato illegittimo il tetto di 240mila euro per gli stipendi dei dirigenti pubblici. La decisione aveva consentito di ripristinare il precedente limite di 311mila euro annui, cifra che il presidente del Cnel aveva applicato anche al proprio compenso. Tuttavia, l’annuncio ha generato un’ondata di critiche bipartisan, con il centrodestra e l’opposizione concordi nel giudicare la scelta “inopportuna”.

Brunetta nel mirino: l’opposizione denuncia privilegi e disuguaglianze

La vicenda ha offerto all’opposizione un’occasione per attaccare il governo e denunciare le disuguaglianze tra vertici istituzionali e lavoratori. Matteo Renzi ha parlato di “poltronificio di Brunetta“, mentre Nicola Fratoianni ha commentato: “Da non credere: Brunetta si è aumentato lo stipendio da 250mila a 310mila euro l’anno. E con lui tutti i suoi dirigenti“. Duro anche Giuseppe Conte, che ha ricordato come “lo stesso Brunetta che ha affossato il salario minimo” abbia poi accettato un aumento personale. Per il leader del M5S, “mentre crollano i salari reali e aumentano le tasse, i vertici del Cnel si ritoccano lo stipendio“.

Brunetta e l’aumento di stipendio: irritazione di Giorgia Meloni e dietrofront dell’ex ministro

L’aumento degli stipendi non riguardava solo il presidente ma anche vicepresidenti, consiglieri e staff, portando la spesa complessiva del Cnel da 850mila euro a quasi un milione e mezzo l’anno. L’iniziativa ha scatenato l’irritazione di Palazzo Chigi: la premier Giorgia Meloni ha definito la decisione “non condivisibile” e “inopportuna“. Anche la Lega ha preso le distanze, annunciando un’interrogazione parlamentare e proponendo un emendamento in manovra per invertire la rotta. Dal Cnel, invece, si è precisato che l’adeguamento retributivo rappresentava “un allineamento ai parametri di altri organi costituzionali”, ma la spiegazione non è bastata a placare le polemiche.

Di fronte al clamore, Brunetta ha deciso di fare marcia indietro: “Non voglio in alcun modo che dall’applicazione legittima di una giusta sentenza derivino strumentalizzazioni in grado di danneggiare la credibilità dell’istituzione che presiedo“, ha dichiarato, annunciando la revoca immediata della delibera.

Il caso, chiuso formalmente con la revoca dell’aumento, resta tuttavia un simbolo di un più profondo malessere politico e sociale: la percezione di una classe dirigente distante dalle difficoltà del Paese.

 

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