La lotta alla criminalità organizzata passa anche attraverso le scelte coraggiose di chi decide di dedicare la propria vita alla giustizia. Raffaella, nipote di Raffaele Granata, vittima dei clan Casalesi, ha scelto di diventare magistrato per dare un senso alla tragedia familiare e portare avanti il coraggio di chi, come suo nonno, è stato ucciso per aver sfidato il racket.
Questa è la sua storia di impegno e speranza.
La morte di Raffaele Granata nel 2008
Raffaele Granata nacque il 1° gennaio 1938 a Mugnano, Napoli. Padre di quattro figli, lavorò a lungo per l’azienda di trasporti Atan, prima di andare in pensione e dedicarsi completamente al lido “La Fiorente” a Marina di Varcaturo.
Nel 1992, spinto dall’amore per la famiglia e dalla voglia di giustizia, Raffaele si unì ad altri commercianti per denunciare il racket imposto dal clan Bidognetti. Questo atto di coraggio portò all’arresto di alcuni estorsori, ma attirò anche l’attenzione della camorra locale.
Nonostante una breve tregua negli anni successivi, le richieste di pizzo ripresero, e nel luglio 2008, a settant’anni, Raffaele fu assassinato nel suo lido dai killer del clan dei Casalesi, dopo aver rifiutato nuovamente di cedere alle loro minacce. La sua morte fu un duro colpo per la comunità, un chiaro segnale di avvertimento per chiunque volesse opporsi alla criminalità organizzata.
Le indagini sull’omicidio portarono alla luce la presenza dello “squadrone della morte” dei Casalesi, un gruppo armato guidato da Giuseppe Setola e altri criminali di spicco. Anche un presunto coinvolgimento della mafia serba venne ipotizzato, evidenziando la natura internazionale della camorra.
Dopo anni di processo, nel 2013 furono emesse condanne severe, tra cui quattro ergastoli, confermate poi in appello nel 2014.
Diventa magistrato per onorare il nonno ucciso dai Casalesi: la storia di Raffaella
Raffaella Granata, 26 anni, ha voluto dedicare al nonno il successo di essere diventata magistrata, un traguardo raggiunto con grande determinazione e segnato da un dolore profondo.
“Caro nonno, hai visto, ce l’ho fatta. Soprattutto per te“, ha dichiarato la giovane su Repubblica.
La giovane magistrato ha raccontato di aver perseguito il suo sogno con impegno e costanza, desiderosa di onorare la memoria del nonno che le ha trasmesso il valore della giustizia.
“Mi ha trasmesso un forte senso di giustizia. Alla fine ha dato la vita perché pensava che di fronte alla violenza bisogna battersi”.
Durante l’intervista, ha indicato come modelli Falcone, Borsellino, il pool di Mani Pulite e i magistrati che lottano contro i Casalesi, citando anche il procuratore Cafiero de Raho, Milita, Sirignano e Ardituro.
Nonostante tutto, il legame con Castel Volturno rimane indelebile per Raffaella, che porta tatuate le coordinate del lido del nonno come simbolo di resilienza e amore per la propria terra.