Venezia, 19 dic. (askanews) – La tela che diventa un muro da usare, da imbrattare, sul quale scrivere, con urgenza e passione. Forse è questa l’immagine che si può usare per entrare nella mostra antologica che la Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro a Venezia dedica a Gastone Novelli, protagonista dell’informale, ma anche di un’arte che si fa segno.
Scritto, visivo, politico. Un’esposizione estremamente affascinante, ma anche complessa, spesso dominata dalla presenza del bianco e di strati su strati di materiai. “E’ estremamente poetico – ha detto ad askanews Elisabetta Barisoni, responsabile del museo di Ca’ Pesaro e co-curatrice della mostra – è molto lirico, anche nel bianco, anche in questa scrittura sui muri, in questa scrittura parietale in cui certe volte sembra di ritornare al grado zero della pittura, agli uomini primitivi, e dall’altro lato invece ha la violenza anche del gesto politico”.
Il lavoro di Novelli ruota intorno alle indagini sui limiti e le possibilità del linguaggio, in un continuo scambio tra le immagini e la parola, con una prospettiva che può essere definita strutturalista, con sfumature di surrealismo e una consapevolezza forte dell’astrazione. Ma anche con un legame intenso con Venezia, con la Biennale del 1964, quella dell’esplosione della Pop Art americana, da cui Novelli è per certi versi molto lontano, ma non così tanto. Ma soprattutto quella del 1968, al culmine della contestazione, con la decisione di esporre il retro dei sui quadri e la scritta “La Biennale è fascista”. “La Biennale del 1968 – ha aggiunto la direttrice – è una Biennale rivoluzionaria per la Biennale stessa e di conseguenza anche per Ca’ Pesaro. Le collezioni di Ca’ Pesaro derivano delle acquisizioni storiche dalla Biennale, fin dalla seconda Biennale, dal 1897. Il fatto che la Biennale del ’68, dopo la protesta, smetta di essere una Biennale in cui si può comprare, ma diventi un’esposizione e basta, ha anche delle ripercussioni sulle collezioni del museo, ed è un segno politico molto forte”.
La volontà di essere politico in Novelli è costante, e tutta la mostra lo testimonia, così come costante è la ricerca di Ca’ Pesaro sulle mostre, che negli ultimi anni sono state tutte, in qualche modo, legate a una visione. “C’è bisogno di un’identità dei luoghi – ha concluso Elisabetta Barisoni – e Ca’ Pesaro negli ultimi dieci anni ha ricostruito la sua identità di galleria attenta alle voci del secondo dopoguerra, alle voci italiane e anche internazionali. C’è una linea di artisti che abbiamo affrontato, penso per esempio a Cy Twombly, a Gorky, ad Afro, anche David Hockney, che è vivo vivissimo, però sono proprio questi maestri, come Roberto Matta, Armando Testa. Ecco, siamo arrivati a Novelli secondo questa linea dei maestri che nel secondo Novecento dall’Italia, ma poi da tutto il mondo, hanno rinnovato l’arte proprio dopo la Seconda Guerra Mondiale”.
La mostra nel museo veneziano è aperta al pubblico fino al 1 marzo 2026.