"Jeans troppo corti": cacciata da centro commerciale

Una ragazza è stata cacciata da un centro commerciale in Alabama. Il motivo: jeans troppo corti.

Una ragazza di 19 anni in Alabama ha riportato di essere stata prima insultata e poi cacciata da un centro commerciale a Bel Air.

Il motivo: jeans troppo corti. La giovane ha poi dedunciato l’accaduto su un post Facebook in cui ha descritto la vicenda nei dettagli. Cosa è successo esattamante? E soprattutto, il centro commerciale aveva le basi legali per farlo?

Non è un paese per hot pants

Gabrielle Gibson, originaria di Mobile, sempre nell’Alabama, è una ragazza come tante altre che quest’estate, complice il ciclo asfissiante della moda, come tante altre coetanee in giro per il mondo, da Milano a Seoul, bazzicava per negozi con indosso una maglia larga con manica a tre quarti e un paio di shorts Denim a vita alta.

Gli shorts sono particolarmente corti, con “effetto strappato”, ma tutto sommato nulla di straordinario rispetto a quanto indossato comunemente da ragazze delle sua età. Ma non tutti sembrano pensarla così.

“Sono stata prima molestata verbalmente, poi fisicamente cacciata dal The Shoppes, solo a causa di quello che indossavo. A quanto pare gli uomini di mezz’età lì intorno non erano in grado di contenersi e l’unica cosa che hanno saputo fare è cacciarmi dal complesso del centro commerciale.”

Secondo i portavoce del The Shoppes nel quartiere commerciale di Bel Air, tuttavia, gli agenti hanno fatto bene ad agire in quel modo.

In un comunicato rilasciato si legge che il “The Shoppes vuole mantenere un ambiente commerciale family friendly, e a chiunque viene beccato ad indossare indumenti ritenuti indecenti viene richiesto di cambiarsi immediatamente oppure andarsene”.

Gabrielle ha poi continuato dichiarando come quella mattina ci fossero tante altre ragazze nella struttura vestita esattamente come lei, ma che per qualche motivo gli addetti se la sono presa proprio con lei. Uno degli agenti le avrebbe detto che le vedeva i glutei e che questo “era un problema”.

La ragazza le avrebbe risposto che la soluzione era una sola: “Non guardarmi il c*** allora”. Ma le altre guardie hanno continuato sulla riga del collega e sembra che l’abbiano cacciata dal centro commerciale in malomodo.

Il centro commerciale ha confermato che gli addetto hanno agito in conformità al regolamento.

Il regolamento, una specie di vademecum per l’accesso al centro, presenta una serie di clausole, dall’introduzione di animali domestici alla registrazione di filmati e foto senza il consenso scritto dei passanti e, appunto, un’oscura clausola circa l’abbigliamento ritenuto opportuno.

Questa clausola recita letteralmente che non era desiderato l’ingresso di individui che non fossero “completamente vestiti”. Cosa va, quindi, a costituire un’abbigliamento completo? La copertura delle zone intime? Oppure una certa lunghezza di maniche e pantaloni? E in questo caso, che misura è considerata “opportuna”?

La solidarietà del web

La ragazza ha condiviso l’esperienza spiacevole sulla sua pagina Facebook. Il post è andato virale ed ha avuto oltre 1.000 condivisioni.

Quasi tutti hanno espresso solidarietà nei confronti della ragazza. Molte altre donne hanno fatto notare come l’abbigliamento di Gabrielle non fosse nulla di inusuale, ancor meno inopportuno, e che molte ragazze tendono a vestirsi così. Una ragazza ha commentato che quella stessa mattina era presente nella stessa struttura, vestita in maniera ancora meno coperta di Gabrielle, e che gli addetti alla sicurezza non avevano battuto ciglio.

“Siamo nell’Alabama meridionale e fa molto caldo.

Hai il diritto di vestirti come ti pare. I corpi delle donne non sono vergognosi e non dovremmo essere costrette a coprirci solo perché gli uomini non sono in grado di controllarsi”.

La solidarietà dei social ha però preso una piega molto più concreta di un semplice supporto morale. Alcune donne hanno infatti organizzato una SlutWalk, letteralmente una “passeggiata da put****”, in cui tutte le partecipanti sono state invitate a fare una camminata per il centro commerciale vestite in shorts e top succinti, in segno di protesta contro le misure del centro.

Non sono mancati comunque i commenti maschilisti, che hanno fatto notare che se la ragazza avesse avuto un bell’aspetto, indossare shorts di quel tipo non avrebbe causato alcuna reazione.

L’Alabama è uno degli stati più conservatori tra gli Stati Uniti. Nel 2015 un consigliere comunale provò ad introdurre una legge che criminalizzasse l’utilizzo di pantaloni a vita bassa. Il consigliere si disse in quella missione “ispirato da Dio” e di aver portato avanti l’iniziativa per difendere la sensibilità degli anziani del posto.

Secondo lui, infatti, era disdicevole che le persone fossero costrette a guardare outfit di quel tipo che rivelassero biancheria, maschile o femminile che fosse – riferendosi ai pantaloni a vita bassa e ai cosiddetti “saggy pants” (quelli indossati da molti rapper, per intenderci). La proposta alla fine non andò in fondo, garantendovi il diritto di indossare qualunque stile di pantaloni a vita bassa desideriate, qualora vi trovaste a passare per l’Alabama.

Allora come oggi, nel caso di Gabrielle, la domanda che sembra non conoscere risposta è la stessa: quanto è, esattamente, “troppo corto”?