Oltre 200 scatti raccontano il percorso attraverso cui il fotografo modenese ha rivoluzionato la grammatica dell’immagine coniugando minimalismo ed astrattismo.
L’architetto della fotografia. Linee geometriche, luci e ombre, vuoti e pieni. Questo è Franco Fontana, uno dei più fotografi italiani contemporanei più celebri a livello internazionale. A celebrarlo è il Museo dell’Ara Pacis che, a Roma (fino al 31 agosto prossimo) gli ha dedicato una mostra, un percorso di 200 scatti (la maggior parte a colori) di colui che, secondo autorevoli critici d’arte, ridefinisce dall’inizio degli anni Sessanta la grammatica dell’immagine.
“Franco Fontana. Retrospective” all’Ara Pacis – curata da Jean-Luc Monterosso, uno dei fondatori della Maison Européenne de la Photografie, il maggiore centro per l’arte fotografica contemporanea che si trova nel Marais, a Parigi – racconta bene e sintetizza in modo magistrale la ricerca estetica della forma del maestro del colore e della geometria. Gli scatti proposti valorizzano molto bene le composizioni dell’immagine di Franco Fontana che ha inaugurato un nuovo linguaggio, coniugando minimalismo ed astrattismo. Questo è ciò che lo rende geniale, soprattutto quando l’artista “si libera” definitivamente dall’unico vincolo che un fotografo dovrebbe avere, ovvero il soggetto fotografato. “La fotografia è il fotografo ed io fotografo quello che penso, non quello che vedo”. Più di chiunque di noi, è lo stesso Fontana a spiegare la ratio della sua arte che, sfruttando le possibilità ottiche della fotografia (inquadrature dall’alto, profondità di campo ridotta etc) e affiancando colori brillanti dai forti contrasti, inaugura una nuova stagione della fotografia.
La mostra guida il visitatore alla scoperta dell’universo creativo modenese, rivelando la sua capacità di trasformare la realtà in poesia visiva, il suo amore per le forme. I paesaggi naturali catturati nelle varie sfumature delle quattro stagioni lo rivendicano. Più di tutte è Puglia 1978, divisa in due blocchi di colori vividi, l’azzurro del cielo e il giallo del grano. Come dice lo stesso Fontana, “quando fotografo un paesaggio, è il paesaggio che entra dentro di me, si fa autoritratto facendo sì che anche io diventi paesaggio”. E, ancora: “quando realizzo uno scatto è una parte di me stesso che catturo, andando a cogliere un mio pensiero, una mia codificazione interna”. Come un vero grande artista dovrebbe fare, lui utilizza lo strumento fotografia come mezzo di espressione della sua creatività. “Lo scopo dell’arte è rendere visibile l’invisibile”, dice. E così, all’improvviso, i suoi scatti diventano veri e propri quadri. Questa è la “magia”, la genialità, di Franco Fontana.