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Mali: è libera la coppia di italiani e il figlio sequestrati due anni fa

Mali, liberata coppia di italiani sequestrati due anni fa

Sofferenza terminata per la famiglia Langone, sequestrati il 19 maggio 2022 nella loro abitazione nel sud-est di Bamako, la capitale del Mali

La liberazione di Rocco Langone, sua moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni Langone, avvenuta dopo quasi due anni dal loro rapimento in Mali, è stata accolta con enorme sollievo e gioia. La notizia è stata annunciata da Palazzo Chigi, che ha sottolineato il ruolo cruciale della Farnesina e dell’AISE, insieme alle autorità locali, nella conclusione delle trattative con il gruppo jihadista affiliato ad al-Qaida.

Famiglia italiana liberata, il rientro dal Mali

La coppia di coniugi, originaria della Basilicata ma residente in Brianza e trasferitasi in Mali diversi anni fa, tornerà a Roma oggi stesso, martedì 27 febbraio. Saranno accolti dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, che sicuramente offrirà loro sostegno e solidarietà a nome del governo italiano.

Famiglia Langone, le condizioni di salute

Durante la notte trascorsa, sono stati finalmente liberati tre cittadini italiani: Rocco Langone, la moglie Maria Donata Caivano e il figlio Giovanni Langone. Il loro rapimento risale al 19 maggio 2022, quando furono sequestrati nella loro casa alla periferia di Koutiala, una città a sud-est di Bamako, la capitale del Mali, dove vivevano da diversi anni. Nonostante la lunga prigionia, il governo italiano assicura che la famiglia Langone si trova in buone condizioni di salute.

Il rapimento è stato perpetrato da una fazione jihadista affiliata al JNIM (Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani), collegata ad al-Qaida, attiva in diverse parti dell’Africa Occidentale. La famiglia Langone risiedeva a Koutiala da diversi anni, facendo parte di una comunità dei Testimoni di Geova, completamente integrata nel contesto locale.

La liberazione della famiglia è stata resa possibile grazie all’intensa azione avviata dall’AISE, in stretta collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, sin dalle prime fasi del sequestro. In particolare, sono stati cruciali i contatti stabiliti dall’Agenzia con personalità tribali e con i servizi di intelligence locali.