Roma, 6 ago. (Adnkronos) – "Riconoscere la Palestina. Utile per salvaguardare il principio della statualità palestinese. Meno per avvicinare un cessate il fuoco e per favorire un nuovo assetto regionale. Anzi, finora a fronte delle iniziative europee prevalgono l’impermeabilità del governo israeliano a ogni moderazione (perfino occupando Gaza) e l’indisponibilità di Donald Trump a frenare Israele. Mentre emergono le divisioni di un’Europa poco rilevante".
Lo scrive sul Corriere della Sera Giampiero Massolo, ex presidente dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), affermando che "la chiave della crisi mediorientale sta a Washington. E Trump si comporta come se desse per scontati il superamento nei fatti della soluzione dei due Stati e la stanchezza dei Paesi arabi per una causa palestinese che egli non considera strategicamente rilevante".
"Il presidente americano – prosegue – sembra scommettere che l’egemonia conquistata da Israele con le armi contribuisca agli assetti regionali, basti a proteggerlo da nuovi 7 ottobre e lo renda meno dipendente dalle garanzie securitarie degli americani (e dunque dai loro 'consigli'). Lascia fare, a Gaza come in Cisgiordania. Considera prioritario rilanciare gli accordi di Abramo, ma pare scettico che agli Stati Uniti sia sufficiente garantire militarmente i sauditi — a loro volta esitanti — per indurli a riconoscere Israele e a premere efficacemente su Hamas. Insomma, uno stallo. Situazione scomoda per gli europei, se non riusciranno a incidere su eventi dei quali rischiano di fare le spese in termini di terrorismo jihadista, flussi migratori, antisemitismo risorgente".
"L’Europa non può ignorare i nuovi dati dell’equazione mediorientale: comportano conseguenze operative – conclude Massolo – Si tratta anzitutto di coordinare le posizioni tra i Paesi maggiori: c’è spazio per riassorbire le sfasature in un formato dove Italia e Germania bilancino Regno Unito e Francia. Sarebbe poi utile sfumare il tema dei riconoscimenti simbolici (e accentuare gli interventi umanitari) per non perdere contatto con gli Stati Uniti, la cui priorità resta far tacere le armi e ora anche consentire gli aiuti. Altrettanto necessario inoltre continuare gli sforzi con gli arabi moderati (magari nel quadro di un «gruppo di contatto») perché incalzino Hamas a cedere le armi e a rilasciare gli ostaggi: non c’è esito possibile a Gaza che ne prescinda. Occorre infine continuare a persuadere Trump che lasciare mano libera a Netanyahu non riapre la via degli accordi di Abramo e che la via militare alla stabilità regionale è fragile. Arduo, certo. Ma abbiamo alternative?".