La morte di Ramy Elgaml continua a sollevare interrogativi e tensioni. A distanza di tempo dal tragico evento, l’inchiesta giudiziaria si arricchisce di nuovi sviluppi. Le indagini, coordinate dalla Procura, puntano a far luce su eventuali omissioni, falsificazioni o manovre tese a ostacolare l’accertamento della verità.
Depistaggio dopo la morte di Ramy Elgaml: chiuse le indagini su due carabinieri
Rischiano il rinvio a giudizio due carabinieri coinvolti nel filone d’inchiesta legato al presunto depistaggio sulla morte di Ramy Elgaml, il 19enne deceduto nella notte del 24 novembre 2024, durante un inseguimento con una pattuglia del Nucleo Radiomobile nel quartiere Corvetto, a Milano.
Martedì 5 agosto, i legali dei due militari – Bruno Zanotto, 29 anni, e Federico Botteghin, 25 – hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, firmato dai pubblici ministeri Marco Cirigliano e Giancarla Serafini della Procura di Milano. I due sono accusati di frode processuale aggravata: secondo gli inquirenti, avrebbero ordinato a un testimone, Amir E., di eliminare dal proprio cellulare nove video che documentavano le fasi immediatamente successive allo schianto tra lo scooter su cui viaggiava Ramy e un palo del semaforo, all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta.
Il materiale video non sarebbe mai stato visionato, ma una perizia tecnica avrebbe confermato l’esistenza di una clip di 1 minuto e 10 secondi, girata proprio nell’arco temporale dell’incidente.
Morte di Ramy Elgaml, spunta l’ombra del depistaggio: carabinieri sotto inchiesta
Parallelamente, la Procura ha esteso l’inchiesta ad altri due carabinieri: Mario Di Micco, 27 anni, e Luigi Paternuosto, 39, anch’essi in servizio al Radiomobile. Le accuse a loro carico comprendono il depistaggio e, in aggiunta, il favoreggiamento personale.
I due avrebbero ordinato a un secondo testimone, Omar E.S. – definito negli atti come “super testimone” – di cancellare un video girato pochi istanti dopo l’impatto. Sempre secondo l’accusa, uno dei militari avrebbe addirittura eliminato dal cellulare del testimone una foto del suo documento d’identità, rallentando l’identificazione e l’acquisizione di prove.
Dalla perizia tecnica risulta inoltre che il proprietario del telefono avrebbe effettuato ricerche online per tentare di recuperare i file cancellati. In un verbale acquisito agli atti, Omar racconta di essere stato costretto a cancellare il filmato con minacce. Il filmato, secondo la sua testimonianza, avrebbe potuto mostrare l’intera dinamica dell’incidente, compreso un possibile contatto tra la vettura dei carabinieri e lo scooter, una circostanza oggetto di perizie tecniche tuttora contrastanti.