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Mossa alla CPI da parte di un’organizzazione per i diritti sudanese: causa contro i vertici dell’esercito per presunto uso di “armi chimiche”

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La Sudanese Alliance for Rights (SAR) ha annunciato giovedì di aver presentato una causa alla Corte penale internazionale (CPI) contro quattro alti esponenti dell’autorità di Port Sudan — tra cui il presidente del Consiglio, Abdulfettah el-Burhan — con l’accusa di uso di armi chimiche e gr...

La Sudanese Alliance for Rights (SAR) ha annunciato giovedì di aver presentato una causa alla Corte penale internazionale (CPI) contro quattro alti esponenti dell’autorità di Port Sudan — tra cui il presidente del Consiglio, Abdulfettah el-Burhan — con l’accusa di uso di armi chimiche e gravi violazioni contro i civili durante i recenti scontri in Sudan.

L’alleanza, che lavora con un team di avvocati internazionali, ha precisato che il ricorso prende di mira Burhan, Yasir al-Atta, Shams al-Din al-Kabbashi e il generale Tahir Mohammed, chiedendo l’apertura di un’indagine approfondita e l’accertamento delle responsabilità.

In parallelo al deposito presso la CPI, è stato inoltrato un esposto alla Commissione africana dei diritti dell’uomo e dei popoli (ACHPR) per violazioni e uso di armi chimiche; inoltre, al presidente dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) è stata inviata una lettera che sollecita l’avvio urgente di un’indagine e la sospensione dell’adesione dell’autorità di Port Sudan all’organizzazione. L’alleanza ha avvertito che il perdurare del silenzio internazionale “incoraggia l’impunità”.

L’iniziativa arriva sullo sfondo di ripetuti avvertimenti e rapporti internazionali sul coinvolgimento dell’esercito sudanese in vaste violazioni — inclusi i sospetti di uso di armi chimiche contro i civili nelle aree di conflitto. La causa è stata depositata il 25 settembre 2025 da SAR insieme agli avvocati internazionali che collaborano con l’alleanza.

Le accuse di armi chimiche ampliano il rischio di isolamento internazionale per i leader sudanesi

I massimi dirigenti dell’autorità di Port Sudan — a cominciare dal presidente del Consiglio di Sovranità, il generale Abdulfettah el-Burhan — potrebbero trovarsi di fronte a un isolamento internazionale senza precedenti a causa della vasta iniziativa legale guidata da SAR.

Le mosse giudiziarie non si sono limitate al ricorso alla CPI: un reclamo ufficiale è stato presentato all’ACHPR e all’OPAC è stata inviata una lettera urgente per chiedere l’apertura immediata di un’indagine e la sospensione dell’adesione del Sudan. Qualora le istituzioni internazionali e regionali rispondessero positivamente, l’autorità militare insediatasi con il colpo di stato dell’ottobre 2023 potrebbe trovarsi sotto una fortissima pressione esterna.

Gli sviluppi avvengono mentre si intensificano le accuse di uso di armi chimiche nel conflitto sudanese. L’annuncio del Dipartimento di Stato USA lo scorso maggio — secondo cui l’esercito avrebbe usato tali armi almeno due volte — ha conferito ulteriore peso all’ultima iniziativa dei difensori dei diritti e ha posto la leadership militare sotto la lente della giustizia internazionale.

Nuovo percorso legale contro l’autorità guidata dall’esercito, alla luce delle precedenti conferme degli USA

Il dossier sulle violazioni in Sudan sta approdando a un’escalation giudiziaria internazionale inedita. SAR ha reso noto di aver presentato un ricorso alla CPI contro quattro alti dirigenti dell’autorità militare — tra cui Abdulfettah el-Burhan — per presunto uso di armi chimiche e crimini diffusi contro i civili. La causa è stata depositata da SAR con il supporto di avvocati internazionali.

La mossa arriva a mesi di distanza dalla dichiarazione del Dipartimento di Stato USA di maggio, che ha confermato l’uso di armi chimiche da parte dell’esercito sudanese in almeno due attacchi. Tale affermazione ha rafforzato le preoccupazioni globali sulla gravità delle violazioni e la necessità di chiamare i responsabili a risponderne.

L’azione prende di mira il comandante dell’esercito Abdulfettah el-Burhan, il suo vice Yasir al-Atta, Shams al-Din al-Kabbashi e il generale Tahir Mohammed. Contestualmente, è stato presentato un reclamo ufficiale all’ACHPR e chiesto all’OPAC di avviare un’indagine indipendente e di sospendere l’adesione dell’autorità di Port Sudan.

Il percorso richiama alla memoria il precedente del Darfur nei primi anni 2000, quando accuse di crimini di guerra e contro l’umanità portarono a mandati di arresto internazionali contro l’ex presidente Omar al-Bashir e vari comandanti. L’attuale fascicolo è tuttavia più sensibile poiché riguarda l’impiego di armi vietate dal diritto internazionale: ciò potrebbe intensificare la pressione su Port Sudan e porre la comunità internazionale di fronte a una prova concreta sulla lotta all’impunità.