Diciamoci la verità: l’istruzione in Italia è un argomento delicato, ma i numeri parlano chiaro. Con l’inizio del nuovo anno scolastico 2025/2026, si prevede l’assunzione di 41.901 nuovi docenti. A prima vista, questo dato potrebbe sembrare una vittoria, ma in realtà nasconde molte insidie. Sarà davvero un passo avanti verso un sistema scolastico più stabile ed efficiente o stiamo semplicemente assistendo a un’operazione di facciata?
Un incremento che non convince
Il 76,8% dei posti disponibili a livello nazionale rappresenta un incremento del 30% rispetto all’anno precedente. Ma qui dobbiamo riflettere: è davvero un miglioramento? La realtà è meno politically correct di quanto ci venga raccontato. Questo aumento potrebbe sembrare un segnale positivo, ma dietro le quinte si nascondono problematiche che non possono essere ignorate. Infatti, il numero di docenti assunti è solo un riflesso della precarietà cronica del settore. Molti di questi nuovi assunti provengono da un sistema di formazione che non sempre riesce a garantire una preparazione adeguata. In altre parole, stiamo accettando la mediocrità nella speranza di colmare un vuoto.
In aggiunta, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha promesso maggiore stabilità e continuità didattica, soprattutto per gli studenti con disabilità. Ma quanto di tutto ciò è realmente attuabile? È un dato di fatto che gli aumenti nelle assunzioni non sempre si traducono in un miglioramento della qualità dell’insegnamento. Statisticamente, le scuole che ricevono nuovi docenti possono trovarsi a dover affrontare il problema della loro integrazione e formazione, creando ulteriori disagi per gli studenti e per le famiglie. È davvero quello che vogliamo per i nostri ragazzi?
Un sistema da riformare
La proposta di ridurre le reggenze e garantire continuità didattica è senza dubbio lodevole, ma stiamo parlando di un sistema che da anni mostra crepe evidenti. La verità scomoda è che le assunzioni di massa non sono la panacea per i problemi della scuola italiana. Piuttosto, dobbiamo affrontare riforme strutturali che colpiscano alla radice le lacune del nostro sistema educativo. È chiaro: non possiamo continuare a tappare i buchi con nuove assunzioni e sperare che tutto si sistemi da solo.
Inoltre, la questione delle assunzioni non deve essere vista in modo isolato. Serve una visione a lungo termine che consideri non solo il numero di docenti, ma anche la loro formazione continua, il supporto psicologico e professionale e, soprattutto, il rispetto delle diverse esigenze degli studenti. Questo è il cambiamento autentico di cui abbiamo bisogno, non semplici numeri da esibire come trofei.
Conclusione disturbante
Quindi, la domanda sorge spontanea: siamo davvero pronti a cambiare? Le assunzioni di 41.901 nuovi docenti possono sembrare un passo avanti, ma la realtà è che si tratta di un intervento tampone su una situazione complessa e sfaccettata. Se non affrontiamo le problematiche strutturali del sistema scolastico, rischiamo di trovarci tra qualche anno a dover ripetere lo stesso copione, con l’aggravante di un ulteriore degrado della qualità dell’istruzione.
Invito quindi tutti a riflettere su queste questioni e a non accontentarsi delle superficiali promesse politiche. Solo un pensiero critico e una volontà collettiva di riformare il sistema possono realmente fare la differenza. Dobbiamo chiederci: vogliamo un’istruzione di qualità o ci accontentiamo di numeri che suonano bene sulla carta?