Mentre il governo lima le ultime novità sul calendario della fase 2, si pensa anche a un possibile “lockdown di ritorno” qualora si dovessero registrati elevati contagi.
Dopo la riapertura, infatti, il nascere di nuovi focolai è inevitabile, ma l’esperienza ci ha insegnato che – se isolati sul nascere – si possono contenere. Per questo motivi, mentre l’Italia attende il nuovo Dpcm del premier Conte, si valutano anche nuove possibili restrizioni anche dopo il 4 maggio. Potrebbero essere proprio i governatori delle Regioni a dover imporre misure ancor più restrittive rispetto a quelli delineate a livello nazionale.
Coronavirus, cos’è il “lockdown di ritorno”?
Il governo deve decidere se inserire un meccanismo automatico che vincoli le Regioni o se procedere di caso in caso. Se dopo l’avvio della fase 2 dovesse salire pericolosamente l’indice del contagio (R0), ad ogni modo, il lockdown tornerebbe a scattare in alcune aree del Paese. Questo è il meccanismo del “lockdown di ritorno”, che prevede l’isolamento di quei territori dove i contagi potrebbero tornare a essere pericolosi.
Non si abbandoneranno, nemmeno della seconda fase, le cosiddette zone rosse, ovvero i focolai di contagio da circoscrivere e controllare.
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La preoccupazione maggiore nel governo è quella di non riuscire a mantenere i cittadini nelle loro casa ancora per lungo tempo, ma la necessità e la pericolosità di diffusione del virus talvolta lo richiede. Entro il weekend del 25 aprile, infine, si attende il calendario delle riaperture che – salvo nuove indicazioni – dovrebbero avvenire dal 27 aprile.
la data chiave della ripresa, però, rimane il 4 maggio.