Durante la Cima Taruffi Trail, un fulmine ha colpito un atleta, un runner a pochi metri di distanza. L’incidente è avvenuto a quasi duemila metri, lungo il crinale dell’Appennino tosco-emiliano.
Runner colpito da un fulmine in alta quota: il salvataggio sulla Cima Taruffi Trail
Il cielo stava cambiando colore. Una sfumatura grigia, quasi metallica, avvolgeva il crinale dell’Appennino tosco-emiliano.
Leonardo Nistri, 35 anni, correva leggero. Cima Taruffi Trail, quasi duemila metri di quota. Il fiato caldo, il cuore che batteva a ritmo con i passi. Poi, il rumore secco. Un lampo, un fulmine. Non sopra il runner, ma a un metro appena.
La scarica lo investe di lato. Attraversa le bacchette da trekking, le punte si sciolgono. I vestiti si bruciano, bucati come se qualcuno ci avesse appoggiato una brace. Leonardo cade, svenuto. Immobile. Attorno, solo il vento e il rumore del tuono che ancora rimbomba.
Quando i primi corridori lo raggiungono, la scena è ferma. Alcuni pensano sia finita. Che non ci sia più niente da fare. Invece il Soccorso alpino arriva in pochi minuti. I sanitari, l’elicottero, il volo verso l’ospedale Maggiore di Bologna. Leonardo si risveglia. Vivo. Con un leggero dolore all’orecchio, e una frase che continua a ripetere: «Forse non era il mio momento».
Il runner e il fulmine: come una scarica ha cambiato una corsa tra i monti
In ospedale lo visitano, fanno esami. Tutto sembra a posto, a parte un fastidio persistente e qualche crampo. Passano pochi giorni e lui torna ad allenarsi. Come se il fulmine fosse stato soltanto un imprevisto di gara. Ma non è così semplice. L’eco di quel lampo resta dentro, forte.
Gli oggetti che portava con sé raccontano meglio di ogni parola la violenza di quell’attimo: cappellino strappato, maglia annerita, tessuti forati dall’interno. Leonardo li conserva. Non per feticismo, ma perché sono la prova che è ancora qui. «Faccio fatica a spiegarmi come sia possibile – dice – eppure eccomi».
Il giorno dell’incidente non c’era un’allerta meteo ufficiale. Ma in quota, il tempo cambia in fretta. Da corsa sportiva a prova di sopravvivenza, il passo è breve. La comunità sportiva lo chiama “il runner del fulmine”. Lui sorride, ma sa bene che quel soprannome non è solo un titolo. È un promemoria. Che la montagna va rispettata, sempre.
E a settembre, dice, sarà di nuovo sulla linea di partenza.