Il cortile della scuola, a Sidoarjo, è ormai una distesa di macerie e polvere… I soccorritori scavano senza sosta, da giorni, ma il tempo gioca contro, una scuola è crollata in Indonesia. Lunedì 29 settembre l’edificio della scuola islamica è collassato su se stesso. Un boato, poi il silenzio.
Scuola crollata in Indonesia, mancano all’appello 59 persone
Cinque corpi senza vita sono già stati recuperati. Cinque soltanto, a fronte di decine di dispersi. Mancano all’appello 59 persone, per la maggior parte studenti. Ragazzini con lo zaino ancora accanto ai banchi, come raccontano i volontari che hanno visto i primi ritrovamenti.
I dati sono forniti direttamente dall’Agenzia nazionale per la gestione dei disastri. In conferenza stampa, il direttore Suharyanto ha parlato chiaro: «Abbiamo utilizzato attrezzature ad alta tecnologia come i droni termici e non abbiamo trovato segni di vita». Una frase secca, che lascia poco spazio alle illusioni.
Sul posto, giornalisti e cronisti locali hanno raccolto voci di parenti, che non si arrendono. «Mia sorella era in classe quella mattina. Aspetto solo di sapere», dice a Kompas TV un uomo che non vuole lasciare il perimetro dell’edificio. Ci sono madri sedute a terra, con il velo pieno di polvere, e bambini che tengono in mano bottigliette d’acqua donate dalla Croce Rossa. Un’immagine che colpisce più delle cifre.
Le squadre di soccorso per la scuola crollata hanno deciso di cambiare strategia. Via pale e mani nude, ora arrivano i mezzi pesanti. Escavatori, gru. Una scelta che segna un passaggio: dalla ricerca di superstiti al recupero delle vittime in Indonesia. È un momento che nessuno vorrebbe annunciare.
Una scuola è scrollata in Indonesia, il bilancio attuale delle vittime
I cronisti indonesiani parlano di un clima irreale. Un misto di speranza e rassegnazione. «Ogni minuto che passa le possibilità calano», ha detto al Jakarta Post un funzionario dei vigili del fuoco. E non serve un manuale di statistica per capirlo.
Intorno al perimetro del disastro per la scuola crollata in Indonesia… la vita, però, continua. Le bancarelle del mercato hanno riaperto a pochi metri, vendono nasi goreng come fosse un giorno qualunque. C’è chi mangia, chi guarda, chi prega. È l’Indonesia, capace di convivere con il dolore. E anche questo dettaglio, apparentemente fuori posto, racconta molto più di un bilancio ufficiale.
Tra i soccorritori, stremati dopo ore e ore di lavoro, si alternano frasi di incoraggiamento e silenzi pesanti. Alcuni indossano mascherine non solo per la polvere, ma per nascondere le lacrime. Lo ha raccontato un reporter di CNN Indonesia, che ha seguito il recupero dei primi due corpi. Scene che lui stesso ha definito «impossibili da cancellare».
Il direttore Suharyanto, durante l’ultimo briefing, ha ribadito che «le ricerche andranno avanti fino alla completa rimozione delle macerie». Ma il tono era quello di chi sa che i miracoli non sempre arrivano. La verità è che il numero dei morti salirà. E lo sanno tutti.
Eppure, tra i racconti dei volontari, c’è chi ricorda i cinque sopravvissuti estratti il giorno dopo. Un ragazzo trovato sotto un banco, ferito ma vivo. Un altro, protetto da un pezzo di muro. Piccole storie che tengono accesa una fiamma. Anche se fioca.
Se passi davanti alla scuola ora non vedi più l’edificio. Solo ferri contorti e polvere bianca che si attacca ai vestiti. L’odore è quello del cemento spezzato. Un odore che non se ne va.
Il bilancio ufficiale parla chiaro: cinque morti accertati, 59 dispersi. Ma la vera conta si fa altrove, tra le famiglie sedute sotto le tende improvvisate, con lo sguardo fisso verso le macerie.