L’Italia diversa e genuina che lotta assieme ad Alex Zanardi

C'è un'Italia diversa, la parte migliore del Bel Paese, che lotta insieme ad Alex Zanardi.

Ci è servito che Alex Zanardi giocasse ancora una volta a dadi con la morte per tirar fuori un timido ma entusiasmante accenno di riscossa dell’imbarbarita Italia dei social.

Un paese che ormai stava a metà fra la sua versione reale, persa in guai empirici che prendono il largo da ogni afflato emotivo, e il suo avatar collettivo. Un ringhiante clone di pixel calato fino alle orecchie in un magma di livorismo, benaltrismo e baruffe cafone.

In circostanze simili di solito la speranza di un rinascimento etico è affidata ad una particolare categoria di persone, con caratteristiche tali da scavalcare a pie’ pari la logica del personaggio.

E da rimettere al centro della percezione comune le emozioni basiche che ormai abbiamo sfrattato quasi tutti. Alex Zanardi è una di quelle persone. E, si badi bene, non perché lui sia diventato in drammatiche circostanze totem mediatico di riscossa – quello funziona solo all’inizio e per un po’ – ma perché Zanardi ha saputo prendere il piagnisteo atavico dell’italiano medio e portarlo nell’angolo buio delle cose inutili.

E’ uno che ha perso le gambe e, per quanto possa essere personaggio pubblico, questa immane privazione non è compensata da alcun contrappeso da jet set. E induce subito a riconsiderare ogni nostro strale lanciato verso il mondo cattivo che non ci capisce. E che ci mette in semi povertà, ci fa preoccupare per il figlio che bisboccia con i pusher, ci mette fra le gambe i bastoni di un capo mannaro o di una vacanza abortita.

O che ci piazza sotto il grugno una pandemia monstre che manda in pezzi il pacioso sistema complesso a cui eravamo abituati.

No, anche prima della sua seconda mano a dadi con la bastarda con la falce, Zanardi era già un dito puntato contro le nostre piccinerie da bottega. E quando ieri quel gigante didattico ha di nuovo preso la via frenetica di una sala operatoria abbiamo davvero tremato tutti.

E tutti siamo tornati a chiederci se sia davvero giusto che le nostre frasi social abbiano sempre e solo il sapore delle insoddisfazioni, degli sgarri ai potenti o delle ricette new age per vincere il cancro. E abbiamo scritto tutti, condiviso tutti, avuto un pensiero tutti.

E lo abbiamo fatto con la trepidazione buona e umorale che riserviamo ai vecchi amici, non alle pop star di cui ci mancheranno le hit ma che non riusciranno mai a gustarci con la loro scomparsa una giornata di sole o un bonifico inatteso. E’ come se quell’uomo senza gambe ce ne avesse regalate due in più a noi, due forti gambe aggiuntive da piantare dritte nel cuore del mondo vero e da muovere sulla strada della nostra riscossa, come uomini e come società.

Entrando in empatia con il suo dolore, piazzandoci tutti fuori da quella terapia intensiva ad aspettare qualche camice bianco che ci dia nuove, nuove buone.

Perché Alex Zanardi è sempre stato uno che ride, e non lo ha mai fatto con il piglio scenografico del personaggio che testimonia una riscossa, ma con la genuina forza di chi incarna una scelta: vivere malgrado tutto, vivere pedalando con le mani, vivere perché vivere è vita.

E vivere puo’ anche diventare una cosa da insegnare. Indicando le cose per cui vale la pena farlo. A noi che, subito dopo il login, ci dimenticavamo all’istante quali fossero. Come ha fatto Alex, e come Alex continuerà a fare.