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Stipendi in Italia: la classifica INPS delle retribuzioni tra settori, professioni e territori

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Stipendi in Italia: la classifica dei redditi secondo l’INPS, tra differenze tra professioni, settori economici, genere e aree territoriali.

In Italia, la questione degli stipendi continua a evidenziare profonde disuguaglianze tra categorie professionali e territori. La classifica dei salari nel settore privato mostra divari sorprendenti: dai dirigenti con retribuzioni da capogiro ai lavoratori della ristorazione e del commercio che si fermano a cifre molto più basse. Analizzare questa gerarchia salariale significa capire non solo quanto guadagna ciascun lavoratore, ma anche come il reddito si distribuisce nel Paese, tra settori, età e genere, tracciando una mappa delle opportunità economiche e delle disparità sociali.

Disuguaglianze salariali e struttura del lavoro in Italia

Nel 2024, l’Osservatorio statistico dell’INPS fotografa un panorama salariale italiano caratterizzato da forte disomogeneità. Su 17,7 milioni di lavoratori del settore privato, la retribuzione media annua si attesta a 24.486 euro, in aumento del 3,4% rispetto all’anno precedente. Tuttavia, dietro questo dato si nascondono divari notevoli: i dirigenti percepiscono circa 163.643 euro l’anno, più di quattordici volte lo stipendio medio di un cameriere (11.233 euro).

La piramide salariale mostra una progressione netta: gli apprendisti, con una media di 14.610 euro, e gli operai, con 18.227 euro, occupano la base, mentre impiegati, quadri e dirigenti si collocano progressivamente più in alto, con redditi in grado di garantire maggiore stabilità economica e una traiettoria sociale differente.

La disparità è accentuata dal divario di genere: gli uomini guadagnano in media 27.967 euro, le donne solo 19.833 euro, con differenze ancora più marcate nei contratti part-time. La geografia del lavoro riflette analoghi squilibri: il Nord-ovest guida con salari medi di 28.852 euro, seguito dal Nord-est, mentre Centro e Mezzogiorno registrano retribuzioni più basse, rispecchiando la diversa struttura produttiva delle regioni.

Settori economici, contratti precari e fenomeno del lavoro povero

La distribuzione salariale varia sensibilmente tra i settori economici. Le attività finanziarie e assicurative raggiungono retribuzioni medie elevate (56.429 euro annui), mentre comparti come ristorazione e alberghi restano tra i peggiori pagatori, con 11.233 euro annui e contratti molto brevi. Settori in crescita come commercio, costruzioni e servizi professionali registrano aumento occupazionale, ma continuano a offrire salari relativamente bassi.

Inoltre, forme contrattuali instabili come lavoro intermittente e somministrazione coinvolgono centinaia di migliaia di lavoratori: gli intermittenti lavorano in media solo 48 giorni l’anno, percependo appena 2.648 euro, mentre i somministrati arrivano a 10.578 euro medi annui. Queste modalità di impiego contribuiscono a creare un fenomeno di “lavoro povero”, particolarmente evidente tra le donne, che ricoprono la maggioranza dei contratti part-time e a termine.

L’analisi per età mostra che i redditi crescono con l’esperienza, raggiungendo il picco tra i 55-59 anni, sottolineando come l’anzianità e la continuità lavorativa siano premiate economicamente, ma spesso solo in alcune categorie e settori.