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Cannes, il regista iraniano Rasoulof: non bisogna avere paura

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Cannes, 25 mag. (askanews) - "Non bisogna avere paura di loro (dei servizi di sicurezza iraniani, ndr). Dobbiamo credere nella libertà. Dovremmo avere una vita degna nel nostro Paese". Sono le parole rivolte ai suoi colleghi iraniani dal regista dissidente Mohammad Rasoulof, durante la conferenza ...

Cannes, 25 mag. (askanews) – “Non bisogna avere paura di loro (dei servizi di sicurezza iraniani, ndr). Dobbiamo credere nella libertà. Dovremmo avere una vita degna nel nostro Paese”.

Sono le parole rivolte ai suoi colleghi iraniani dal regista dissidente Mohammad Rasoulof, durante la conferenza stampa al Festival di Cannes per il suo film “Semi di fico selvatico”, girato clandestinamente e tra i favoriti per la vittoria della Palma d’oro.

“I governanti iraniani non hanno altre armi che il terrore – ha sottolineato il regista – il regime di Teheran che si presenta come il potere supremo, è nel panico che le nostre storie saranno raccontate. È assurdo”.

Rasoulof, condannato in Iran al carcere, a frustate e privazione dei beni per “collusione contro la sicurezza nazionale, è riuscito a fuggire a piedi, dal suo Paese trovando rifugio in Germania.

Il suo film è un duro documento sulle proteste guidate dalle donne iraniane nel 2022, dopo la morte della studentessa Mahsa Amini, arrestata a Teheran per essersi opposta all’hijab obbligatorio e racconta la storia di un pubblico ministero alle prese con la rivolta, vissuta attraverso le donne della sua stessa famiglia; un film tenuto così segreto che anche la sua protagonista Setareh Maleki, per molto tempo, non ha saputo chi lo stesse realizzando, per garantire che il progetto rimanesse sicuro.

Rasoulof ha detto di aver avuto l’idea per il film dopo aver incontrato un funzionario della prigione che ha ammesso di essere stato costantemente sfidato dalle sue figlie sul suo lavoro e ha pensato regolarmente d’impiccarsi davanti alle porte della prigione sottolinando che il tema del film è l’indottrinamento da parte di persone che hanno “trasformato la religione in un’arma politica”.