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Claudio Baglioni lascia l'Arena di Verona e si reinventa come architetto: «Mi metto in pausa, tuttavia, l'ultimo termine che si annota è 'fine'»

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Il cantautore e architetto Claudio Baglioni celebra il suo percorso professionale biforcato in musica e architettura, con l'Arena di Verona come palcoscenico di unione. Ricorda la sua laurea in architettura all'Università La Sapienza di Roma, e il suo contributo per mettere in luce il valore dell'anfiteatro, per il quale è stato inserito nell'Elenco d'Onore dell'Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Verona. Prepara gli ultimi otto spettacoli del suo "aTuttocuore (plus ultra)" in Arena di Verona dal 19 al 28 settembre 2024. Baglioni annuncia la sua decisione di concludere la sua carriera nel 2026 e ribadisce di non voler tornare a dirigere il Festival di Sanremo. Nonostante ciò, resta aperto a nuovi progetti musicali, come studiare teoria musicale e pianoforte, e forse anche l'opera.

Claudio Baglioni, noto cantautore e professionista nel campo dell’architettura. Il suo percorso professionale di cinquant’anni appare biforcato in questi due ambiti apparentemente paralleli. Nel contesto veronese, però, i suoi due percorsi si fondono e si intrecciano, ripensando ai vent’anni dalla laurea in architettura conseguita all’Università La Sapienza di Roma, con una tesi focalizzata sul restauro e la rigenerazione urbana del Gasometro di Roma. Il luogo d’incontro per queste due sfaccettature della sua personalità è l’Arena di Verona, dove si prepara a salutare il suo pubblico con gli ultimi otto spettacoli di “aTuttocuore (plus ultra)”, in programma dal 19 al 22 e dal 25 al 28 settembre 2024. In un’eventuale cerimonia ufficiale tenutasi negli ex Magazzini generali, Claudio Baglioni è stato inserito nell’Elenco d’Onore dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della provincia di Verona. La motivazione, come spiegato dal presidente Matteo Faustini, è legata al suo contributo nel rivelare una “migrazione spaziale” e nel far rinascere il valore identitario dell’anfiteatro, oltre all’importanza nel riconoscere il ruolo sociale ed educativo della bellezza, quale mestiere atto a produrre cultura, prendendosi la responsabilità di fare scelte e mettere in atto cambiamenti. Baglioni emerge come il fulcro di questo cambiamento, unendo arte e musica. Il palco a cui si fa riferimento, che è stato progettato al centro dell’arena ed è ispirato dalle immagini della relatività di Esher, è lo stesso utilizzato nel concerto del 2018 e nelle prossime date previste di “aTuttoCuore plus ultra”.

“Claudio Baglioni ha fatto una dichiarazione a Verona in un ruolo inaspettato e diverso” ha ricordato durante una cerimonia a cui ha partecipato anche Gianmarco Mazzi, attuale vice ministro della cultura. Mazzi ha proposto di organizzare un “grand tour” per rendere sensibili i siti artistici italiani al prossimo G7. Baglioni afferma: “Sono un architetto di fede, anche se non lo pratico”. Si è laureato con l’eleganza di un studente privilegiato benestante. Non si è laureato online, ma la sua laurea è autentica, un desiderio di sua madre che sognava un lavoro serio per il figlio. Ha perfino superato l’esame di stato, nel caso ce ne fosse bisogno”. Si è fatto sentire sia dal pubblico che dai giornalisti. Pur avendo un tono ironico, non nasconde la sua emozione.

“Mi sono ritrovato in architettura perché condivide molti elementi con la musica. La musica è come l’architettura senza un edificio, ci sono molti termini simili in forma di canzone. Penso ai 8 concerti che farò, che uniti ai 4 dell’anno scorso, fanno 12, il numero di note nella scala musicale cromatica”. L’Arena di Verona diventa il principio e la fine per lui. “Sono nel posto in cui ho cominciato la mia carriera. Ho debuttato qui nel 1975, quando le performance non erano ben accette e venivano interrotte dal pubblico. La notte che mi sono esibito è stata la mia prima volta in uno spettacolo con più voci. Prima di me c’era Aznavour, che fu accolto freddamente, e ho subito pensato che sarebbe stata la mia fine. Quindi l’Arena di Verona rappresenta sia l’inizio che la fine della sua storia.

Afferma che, sebbene sia difficile resistere all’impeto di continuare, è persuaso che replicare questo tipo di concerto in un altro luogo sarebbe impensabile. Approfitta dell’occasione per ribadire la sua decisione di terminare, o meglio, di elevare la sua carriera a un’altra dimensione nel 2026, in linea con quanto annunciato all’inizio dell’anno. “La storia dell’Arena ci suggerisce che, quando un architetto vi si dedica, rinasce (ride alla menzione di ciò). Tuttavia, sento il bisogno di mettere dei limiti e di tracciare un sentiero verso la conclusione”. Si avvicinano i concerti nei teatri d’opera, “Mi manca La Scala, sarebbe inutile negare che non mi farebbe piacere, come Keith Jarrett e Paolo Conte”. Aspetta anche il lancio di un’altra produzione discografica. Oltretutto, dopo il 2026, non prevede di ritornare a dirigere il Festival di Sanremo, “una trasmissione potente che dovrebbe essere gestita da chi ha competenze televisive. Dopotutto, siamo in un momento in cui un certo tipo di musica, come il rap e la trap che trovo interessanti, non è destinata a durare, ed è un peccato. Ci saranno, a malincuore, delle lacune nella storia della musica”. Non contempla neanche di accettare qualche carica preminente o, ancor peggio, di dedicarsi all’architettura, e men che meno di diventare un “archi-star”, termine che non gli aggrada. “Non ho il talento per essere un architetto. Da bambino immaginavo che l’architetto fosse un arciere che scalava i tetti delle città e sparava dardi infiammati per illuminare l’orizzonte e mostrare alle persone quanta bellezza esiste”. Non sembra nemmeno prendere in considerazione il cinema, “per il quale ho già dato”.

In passato, ho avuto l’opportunità di fare un’audizione per un film basato sulla vicenda di Ettore Majorana, ma purtroppo non andò molto bene. Ricordo alla fine degli anni ’70, quando mi fu proposto un copione che avrebbe incluso anche Lucio Battisti. Il film raccontava la vita di due giovani tormentati e la trama non aveva un lieto fine. Alla fine, né io né Battisti abbiam accettato. Una volta, mi fu anche proposto un copione per un film erotico di fantascienza chiamato Supersex. Ora, sto considerando di dedicarmi allo studio della teoria musicale e del pianoforte, focalizzandomi sull’armonia e la composizione, e forse anche sull’opera. Queste sono attività che ho sempre fatto in maniera disordinata e sporadica. Ho una moltitudine di pensieri e compiti nella mia testa. Baglioni si ritira, sì (almeno per ora, questo è il progetto). Ma c’è ancora un tempo prima di concludere definitivamente.