La crisi tra Stati Uniti e Venezuela si è intensificata nelle ultime settimane, tra minacce di interventi militari, ultimatum diplomatici e accuse reciproche. Donald Trump ha offerto a Nicolás Maduro una via di fuga sicura dal Paese in cambio delle dimissioni immediate, mentre Caracas resiste tra mobilitazioni pubbliche e richieste di sostegno internazionale, trasformando la tensione in uno scontro aperto tra pressioni esterne e strategia interna.
Donald Trump lancia un ultimatum a Nicolás Maduro: cresce la tensione tra Usa e Venezuela
Donald Trump ha rivolto un ultimatum al presidente venezuelano Nicolás Maduro, offrendo una via di fuga sicura per sé, la famiglia e i collaboratori più stretti, a patto che abbandonasse immediatamente il potere. Secondo quanto riportato dal Miami Herald, la proposta è stata avanzata durante un colloquio telefonico di circa quindici minuti prima di un vertice alla Casa Bianca dedicato alla crisi venezuelana, alla presenza del segretario di Stato Marco Rubio e del capo del Pentagono Pete Hegseth.
La trattativa non ha avuto esito positivo: Maduro ha chiesto un’amnistia generale e il mantenimento del controllo delle Forze Armate, condizioni respinte dagli Stati Uniti, che hanno ribadito la necessità di dimissioni immediate. Trump ha però smorzato i timori di un attacco imminente, precisando che la chiusura dello spazio aereo venezuelano non implica un’azione militare diretta: “Non dovete leggerci nulla… consideriamo il Venezuela un Paese non molto amichevole”.
Parallelamente, la Casa Bianca ha intensificato le operazioni nel Mar dei Caraibi contro le imbarcazioni dei cartelli della droga, con il dispiegamento di portaerei, sottomarini e migliaia di Marines. Gli attacchi, iniziati a settembre, hanno provocato oltre ottanta morti, alimentando le accuse di Caracas secondo cui gli USA starebbero usando il pretesto del narcotraffico per controllare le vaste riserve petrolifere venezuelane.
Donald Trump lancia un ultimatum a Nicolás Maduro: la reazione e la mobilitazione interna
Nonostante la pressione americana, Nicolás Maduro ha mantenuto un atteggiamento pubblico di sicurezza e normalità. Dopo giorni di assenza dalle apparizioni televisive, il presidente venezuelano è tornato a farsi vedere durante la cerimonia di premiazione dei migliori caffè di Caracas, dichiarando che il Paese è “indistruttibile, intoccabile, imbattibile”. Di fronte a migliaia di sostenitori, ha denunciato “22 settimane di un’aggressione che si può definire terrorismo psicologico” e ha promesso di difendere “una pace con sovranità, uguaglianza, libertà”, rifiutando quella che ha definito “la pace degli schiavi”.
Le tensioni si estendono anche sul piano legale e diplomatico. La Procura generale e l’Assemblea nazionale del Venezuela hanno aperto indagini sugli attacchi USA contro presunte imbarcazioni narcos, denunciando violazioni delle Convenzioni di Ginevra. Maduro ha inoltre rivolto un appello all’OPEC, denunciando il tentativo degli Stati Uniti di appropriarsi delle riserve petrolifere venezuelane con la forza militare.
Nonostante la pressione esterna, il presidente venezuelano ha suggerito informalmente la possibilità di dimettersi entro diciotto mesi, ma la Casa Bianca insiste su un passo immediato, confermando che la crisi rimane sul filo del rasoio tra diplomatico e militare.