Negli ultimi giorni l’Autorità Garante per la privacy è finita al centro di una tempesta istituzionale senza precedenti. Tra accuse di pressioni politiche, sospetti di violazioni interne e un clima di crescente sfiducia, si dimette il segretario generale Angelo Fanizza.
Garante della privacy: una crisi istituzionale che arriva al culmine
Le dimissioni di Angelo Fanizza dal ruolo di segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali segnano l’epicentro di una fase particolarmente turbolenta per l’Autorità.
Il passo indietro è stato comunicato attraverso una breve nota ufficiale – “Il Collegio del Garante, nel prenderne atto, ringrazia il Segretario Generale per il lavoro svolto” – senza che venissero specificate le ragioni.
Tuttavia, l’addio arriva nel pieno delle contestazioni legate al caso Ghiglia, che ha sollevato accuse di scarsa imparzialità e richieste di azzeramento del collegio da parte delle opposizioni. A rendere il clima ancora più incandescente è stata la rivelazione, diffusa da Report, secondo cui Fanizza avrebbe sollecitato «l’estrazione della posta elettronica» e altri dati informatici dei dipendenti, una richiesta giudicata illegittima dal dirigente responsabile della sicurezza informatica e poi comunicata in assemblea ai lavoratori.
Da quel momento, l’Autorità è stata investita da un’ondata di sfiducia interna culminata nel voto unanime dei dipendenti che chiedeva un ricambio ai vertici.
Garante della privacy, si dimette il segretario generale Angelo Fanizza: il caso Report dietro la decisione
Il Garante ha precisato la propria “totale estraneità rispetto alla comunicazione a firma dell’ex Segretario Generale” e ha ribadito che un simile accesso ai dati dei lavoratori “può costituire violazione della privacy“. Ma la posizione ufficiale non è bastata a contenere la crisi.
“Poche ore fa è stato reso noto all’interno dell’Autorità un documento riservato in cui il Segretario Generale Angelo Fanizza chiedeva al dirigente del dipartimento informatico di provvedere urgentemente all’estrazione della posta elettronica, degli accessi vpn, degli accessi alle cartelle condivise, degli spazi di rete condivisi, dei sistemi documentali, dei sistemi di sicurezza. La richiesta di Fanizza di spiare i lavoratori dell’Autorità risale al 4 novembre, due giorni dopo la prima puntata dell’inchiesta di Report. Secondo quanto riferito da fonti interne, oggi il dirigente del dipartimento per la sicurezza informatica ha informato i dipendenti e denunciato l’illegittimità di questa richiesta. I lavoratori del Garante della Privacy hanno chiesto le dimissioni dell’intero Collegio”, ha dichiarato Report, come riportato da Fanpage.
La vicenda si intreccia infatti con le polemiche generate dall’inchiesta di Report sui rapporti di alcuni componenti del collegio con ambienti politici e su possibili conflitti d’interesse, a partire dalla controversa multa comminata alla Rai per la diffusione dell’audio riguardante l’ex ministro Sangiuliano.
Le reazioni politiche sono state immediate: per Sandro Ruotolo, «prima vanno via, meglio è», mentre secondo il M5S «il prestigio di questa istituzione è ai minimi termini». Nel frattempo, le ricostruzioni giornalistiche indicano che la richiesta di Fanizza sarebbe stata motivata dalla volontà di individuare la “talpa” interna che aveva fornito documenti ai media. Un intreccio di tensioni, accuse e divisioni che ha trasformato la crisi dell’Autorità in uno dei casi istituzionali più delicati delle ultime settimane.