Le sirene non smettono di suonare a Gaza, dove la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto. Oltre 30 le vittime in poche ore, tra cui donne e bambini. Di fronte a un bilancio sempre più tragico, il cardinale Pierbattista Pizzaballa condanna la spirale di violenza.
Gaza, oltre 30 morti in attacchi israeliani. Due bimbi morti di fame, l’allarme dell’UNRWA
Il bilancio delle vittime degli attacchi israeliani su Gaza, iniziati all’alba, è salito ad almeno 31 morti. Lo riferisce l’agenzia palestinese Wafa, che segnala tra i deceduti anche sette civili colpiti mentre si trovavano nei pressi del corridoio di Netzarim in attesa di aiuti umanitari.
Secondo fonti mediche locali citate da Al-Jazeera, inoltre, due bambini – un neonato di 40 giorni e un altro minore – sono deceduti a causa della malnutrizione. Il piccolo Yousef Al-Safadi sarebbe morto nel nord della Striscia, all’interno del complesso medico di Al-Shifa, mentre Abdul Hamid Al-Ghalban, proveniente da Khan Younis, nel sud del territorio, è l’altra giovane vittima.
A tal proposito, l’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha stimato che circa un migliaio di persone affamate siano state uccise mentre cercavano disperatamente cibo, a partire dalla fine di maggio. Il direttore dell’agenzia, Philippe Lazzarini, ha descritto la situazione nella Striscia come un vero e proprio “inferno in terra”, denunciando condizioni estreme in cui anche i medici collassano per la fame e l’esaurimento.
Gaza, continuano gli attacchi. Il duro commento del cardinale Pizzaballa
“Gli aiuti umanitari non sono solo necessari, sono una questione di vita o di morte. Rifiutarli non è un ritardo, ma una condanna. Ogni ora senza cibo, acqua, medicine e riparo causa un profondo danno. Lo abbiamo visto: uomini che resistono al sole per ore nella speranza di un semplice pasto. Questa è un’umiliazione. È moralmente inaccettabile e ingiustificabile“.
Il cardinale Bizzaballa ha aggiunto che, in questo momento, bisogna alzare la voce in un appello rivolto ai leader della regione e del mondo, affermando che non può esserci futuro fondato sulla prigionia, sullo sfollamento dei palestinesi o sulla vendetta.