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Istat, in Italia Neet 1 giovane su 5, tra i peggiori d'Europa

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Milano, 7 lug. (askanews) - "La precarietà e la frammentarietà delle esperienze lavorative e la scarsa mobilità sociale hanno contribuito a compromettere le opportunità di realizzazione delle aspirazioni di una larga parte di giovani e a scoraggiarne la partecipazione attiva politica, sociale ...

Milano, 7 lug. (askanews) – “La precarietà e la frammentarietà delle esperienze lavorative e la scarsa mobilità sociale hanno contribuito a compromettere le opportunità di realizzazione delle aspirazioni di una larga parte di giovani e a scoraggiarne la partecipazione attiva politica, sociale e culturale. L’accesso a tale opportunità dovrebbe essere garantito a tutti i giovani, a prescindere dal contesto familiare e sociale di provenienza”.

L’Italia non è un posto per giovani, lo rileva senza troppi giri di parole il rapporto annuale dell’Istat sulla situazione nel Paese presentato il 7 luglio alla Camera dei Deputati dal presidente dell’Istituto Francesco Maria Chelli.

Secondo quanto esposto risulta “particolarmente preoccupante” il fatto che circa il 20 per cento di giovani tra i 15 e i 29 anni, in Italia, nel 2022 non studiava, non lavorava e non era inserito in alcun percorso di formazione. Si tratta dei cosiddetti Neet, dall’inglese “Not in employment, education or training”; quasi 1,7 milioni di ragazzi e ragazze. In Europa solo la Romania sta messa peggio.

Sul fronte dell’occupazione, l’Italia resta maglia nera in Europa soprattutto per quanto riguarda il lavoro femminile, nonostante i progressi degli ultimi anni, posizionandosi, insieme a Malta e Grecia in coda alla classifica.

A fronte di un incoraggiante piccolo aumento del PIL nazionale, inoltre, a destare preoccupazione anche il calo delle nascite (-10,7% rispetto al 2019) e l’invecchiamento progressivo della popolazione.

“Le generazioni del baby boom degli anni Sessanta – ha detto Chelli – si accingono a entrare nella cosiddetta ‘terza età’. Tale passaggio, destinato a combinarsi all’allungamento della sopravvivenza e al calo della natalità, si configura come determinante fondamentale del massiccio invecchiamento demografico a cui assisteremo nei prossimi trent’anni”.

L’Italia, infine, resta uno dei Paesi europei con le retribuzioni lorde più basse rispetto alla media, con un impoverimento di fatto soprattutto delle fasce medie della popolazione, colpite di recente anche dal caro bollette e dal caro mutui.