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La vera storia del Cartello di Cali

Il capo del cartello dei Cali

La vera storia del Cartello colombiano della droga di Cali, rivale di Pablo Escobar e del suo Cartello di Medellìn.

Il Cartello di Cali (Cartel de Cali in spagnolo) è stato uno storico cartello colombiano della droga, acerrimo rivale del più famoso Cartello di Meddelìn, guidato da Pablo Escobar e protagonista della serie TV Netflix Narcos. Il Cartello di Cali derivava il suo nome dalla città Santiago de Cali, avanzato centro economico del sud-ovest della Colombia. Attorno a questa città il Cartello di Cali ha svolto la sua attività criminale negli anni Settanta, Ottanta e Novanta del secolo scorso.

Cartello di Cali: origini

Il Cartello di Cali fu fondato agli inizi degli anni Settanta da quattro piccoli criminali: i fratelli Gilberto e Miguel Rodríguez Orejuela, precedentemente noti alle autorità come sequestratori di persona, José Santacruz Londoño, noto con i soprannomi Chepe o El Estudiante e Hélmer Herrera Buitrago, chiamato Pacho e diventato successivamente famoso come sadico torturatore.

I due fratelli

L'altro membro

Altro membro

Ai quattro si aggiunse qualche anno dopo Jorge Alberto Rodriguez, detto Don Cholito, il più giovane del gruppo, attivo come narcotrafficante nel Bronx, quartiere periferico di New York. Altri importanti, anche se meno noti, soci del Cartello furono: Victor Patiño-Fomeque, detto El Quimico (Il Chimico) o La Fiera (La Bestia), Henry Loaiza Ceballos detto El Alacrán (Lo Scorpione ), l’ex guerrigliero José Fedor Rey e Phanor Arizabaleta-Arzayus.

La rivalità con Pablo Escobar

I membri del Cartello di Cali erano acerrimi nemici del noto narcotrafficante colombiano Pablo Escobar (1 dicembre 1949- 2 dicembre 1993) leader del Cartello di Medellìn, che operava appunto nella città di Meddelìn, nella parte occidentale del Paese. Conosciuto come “il Re della cocaina” o “El Patròn del Mal”, Escobar è oggi ritenuto responsabile di 4 mila omicidi. Si pensa che dietro l’omicidio di Escobar, avvenuto in un conflitto a fuoco con la polizia, fosse coinvolto anche lo stesso Cartello di Cali, che puntava a impossessarsi del monopolio del traffico di droga locale.

Pablo Escobar

Il giro di affari

Il Cartello di Cali era suddiviso in diverse cellule, ciascuna dell quali si dedicava a un diverso ambito di affari, i principali erano: narcotraffico, attività militari, corruzione, intimidazione ed eventuale punizione di membri del Congresso, ufficiali federali e autorità locali e attività finanziarie, quali, per esempio, riciclaggio di denaro o gestione di imprese a norma di legge.

Quando il Cartello di Cali arrivò all’apice del suo potere, nel 1994, controllava circa l’80-90% delle esportazioni di cocaina a livello mondiale: la massiccia crescita del commercio di cocaina in Europa durante gli anni Novanta si deve infatti agli accordi tra il Cartello di Cali e la malavita italiana. Negli anni Novanta l’impero della cocaina del Cartello di Cali aveva un valore di diversi miliardi di dollari.

Il traffico di cocaina non era però l’unica attività redditizia del Cartello: anche il traffico di armi e prostituzione fruttavano ai membri del Cartello significativi guadagni.

Denaro sporco

Le entrate derivanti dai diversi tipi di traffici illeciti venivano reinvestite in attività legali, quali la gestione di banche, imprese immobiliari, una catena di farmacie, una squadra di calcio (la locale América de Cali), concessionarie, stazioni radio e, probabilmente, molto altro ancora.

Nonostante possa sembrare strano, investire i guadagni illeciti in attività legali è una scelta tipica delle organizzazioni criminali internazionali. Tramite quest’operazione infatti le organizzazioni criminali riciclano il denaro sporco, derivato appunto da traffici illeciti, reinserendolo in un sistema commerciale a norma di legge.

I protagonisti

Si affermò come leader del Cartello Gilberto Rodrìguez Orejuela (31 gennaio 1939), anche detto El Ajedrecista (Lo Scacchista), per la sua abilità strategica. Il fratello minoreMiguel (15 agosto 1943) si era invece specializzato nel riciclaggio, conservando una parvenza di rispettabilità tale da essere soprannominato El Señor.

Chepe, numero tre dell’organizzazione, si occupava della gestione degli affari negli Stati Uniti. Pacho gestiva invece il commercio di cocaina dalla Colombia verso Stati Uniti ed Europa. La presenza di Pacho nel Cartello è, a suo modo, interessante: egli riuscì infatti a farsi strada ai vertici organizzativi del gruppo nonostante fosse omosessuale, fatto generalmente non ammesso dalla rigida mentalità maschilista dell’ambiente malavitoso di quegli anni.

Strategie

A lungo i quattro narcotrafficanti furono considerati, a differenza di Escobar e dei suoi uomini, dei rispettabili uomini d’affari. Spesso infatti, anziché ricorrere alla forza bruta, preferivano corrompere con consistenti somme di denaro magistrati, poliziotti e politici. Questa scelta consentì al Cartello di intessere vantaggiose alleanze all’interno delle istituzioni governative.

Nonostante la volontà di mantenere un basso profilo il Cartello di Cali era temuto per la sua brutalità, tanto che la DEA (agenzia federale antidroga statunitense) li soprannominava “Cali KGB”, in riferimento alla spregiudicata agenzia di spionaggio sovietica e Thomas Constantine, allora a capo della DEA, li aveva definiti il più potente sindacato del crimine.

Lo scontro con Escobar

I motivi di scontro tra il Cartello di Meddelìn e quello di Cali derivavano dalla concorrenza che si facevano negli affari, soprattutto nel commercio internazionale di cocaina. La rivalità economica sfociò in un sanguinoso conflitto armato nel quale furono coinvolti, ai danni di Escobar e a vantaggio del Cartello di Cali, il governo colombiano, la DEA e alcuni Cartelli della droga messicani.

I segni di questo conflitto si riversavano anche su ambiti minori: la squadra America de Cali, di proprietà del Cartello di Cali, era acerrima rivale in campionato della squadra di Meddelìn, di proprietà di Escobar.

Il conflitto armato

In quella che divenne una vera e propria guerra, il Cartello di Cali si appoggiò all’organizzazione paramilatare “Perseguidos por Pablo Escobar” (Perseguitati da Pablo Escobar) o anche Los Pepes. Lo scopo dei Los Pepes era uno soltanto: uccidere Pablo Escobar. La strategia adottata partiva dalla distruzione umana ed emotiva di Escobar per arrivare a quella fisica. I Los Pepes infatti erano soliti rapire parenti e affetti di Escobar per torturarli, mutilarli e, infine, ucciderli.

Il conflitto tra i due Cartelli raggiunse l’apice della sua violenza a seguito dell’attentato del 1988 ai danni di Escobar: un auto scoppiò davanti all’abitazione di Escobar, causando due morti e assordando quasi completamente Manuela, la figlia di soli 4 anni del narcotrafficante colombiano.

Fu decisivo il coinvolgimento delle forze politiche. Il Cartello di Cali, che si riconosceva in un’ideologia politica conservativa, fu sostenuto dal governo di destra nella lotta contro Escobar, per via delle idee rivoluzionarie, di sinistra e antigovernative di quest’ultimo.

Per riuscire nell’uccisione di Escobar, il 2 dicembre 1933, fu necessario coinvolgere tutte le forze alleate del Cartello di Meddelìn: la Polizia di Stato colombiana, gli agenti della DEA, i Los Pepes, e membri dei Cartelli messicani di Sinaloa e Tijuana.

La fine del Cartello di Cali

Dopo la morte di Escobar la presa di potere nel commercio internazionale di stupefacenti del Cartello di Cali fu incontrastata. Ma l’organizzazione stava cominciando a frammentarsi e il suo potere stava diminuendo. I primi segni di caduta si ebbero, in realtà, prima della morte di Escobar, a causa di indagini della DEA che scoprirono il commercio di cocaina con l’Europa.

I rapporti con l’Europa

In Europa il Cartello di Cali ebbe rapporti con la mafia russa e, in Italia, con Cosa Nostra – per il commercio della droga nel Nord America – e con la Camorra. La malavita italiana era particolarmente apprezzata dai colombiani per le sofisticate modalità di commercio di stupefacenti e come aggancio per il riciclaggio di denaro nel Vecchio Mondo.

Le relazioni tra l’organizzazione sudamericana e la criminalità italiana vennero scoperte dalla DEA, che cercò di arrestare alcuni boss durante le partite dei Mondiali di calcio Italia’90. I leader colombiani vennero probabilmente informati e non si recarono ad assistere alle partite, sfuggendo all’arresto.

Il declino

Negli Anni Novanta cominciarono ad emergere altri Cartelli, prima considerati minori, che riuscirono però a inserirsi nel commercio internazionale di droga e a fare concorrenza a Cali. Primo tra questi il Cartello di Norte del Valle.

L’ostacolo più forte fu però rappresentato dai rapporti con la politica che, non dovendosi più occupare di Escobar, vedeva nel Cartello di Cali la nuova più potente minaccia allo Stato. Il Presidente Ernesto Samper Pizano, in carica tra 1994 e 1998, in precedenza accusato di essersi lasciato corrompere proprio dai fratelli Orejuela, si fece promotore di un’intensa lotta alla malavita il cui scopo principale era arrestare i narcotrafficanti di Cali.

Arresti e definitiva caduta

Gilberto Rodriguez Orjuela fu arrestato il 9 giugno 1995, in un raid della polizia colombiana. Poco dopo anche Miguel Rodriguez Orjuela fu arrestato, il 6 agosto 1995. Furono entrambi condannati a quindici anni di prigione, poi ridotti rispettivamente a sette e a quattro anni per buona condotta e per aver rilasciato preziose confessioni. Gilberto fu scarcerato nel novembre 2002, ma quattro mesi dopo, venne nuovamente catturato per via della scoperta di un ulteriore traffico di cocaina con gli Stati Uniti, risalente al 1990. Secondo la DEA Gilberto avrebbe continuato a dirigere i suoi affari dal carcere. Tra 2004 e 2005 i due fratelli furono estradati, ed è ancora in corso lo spinoso dibattito tra Stati Uniti e Colombia sulla possibilità di processare gli Orjuela per i reati commessi prima del 1997, anno in cui cominciarono a collaborare con la giustizia colombiana.

Il 4 luglio 1995 fu il turno di Chepe: arrestato e imprigionato venne ucciso il 5 marzo 1996 in un conflitto a fuoco con la polizia dopo essere evaso.

Trovava così la sua fine una storica generazione di spregiudicati narcotrafficanti, che aveva avvicinato il traffico di droga colombiano alla mafia italiana e all’Europa.

Dalla realtà storica alla fiction

Il vero narcotrafficante e l'attore

Del Cartello di Cali si parla nella terza stagione della serie televisiva Netflix Narcos, creata da Chris Brancato, Carlo Bernard e Doug Miro. Nella serie viene analizzata la grandissima diffusione del traffico di cocaina negli Anni Ottanta tra Colombia, Stati Uniti ed Europa dal punto di vista di Pablo Escobar. Le prime due stagioni erano dedicate alla vita dell’ormai celebre narcotrafficante, dagli esordi fino alla morte. Tra i principali rivali di Escobar troviamo il governo colombiano e la già citata DEA, la Drug Enforcement Administration statunitense.

Nella terza serie, Escobar è morto lasciando dietro a sé un pericoloso “vuoto di potere” nel mondo del traffico di droga, che verrà riempito, appunto, dal Cartello di Cali, presentato nella serie con queste parole:

“Quando tagli la testa a un serpente ne spuntano altri tre. Anzi quattro. E con i denti più acuminati”.

In Narcos 3

Nonostante la mancanza di Escobar, Narcos 3 riesce a non deludere gli spettatori e c’è grande attesa per la quarta stagione, in programma per il 2018