Gennaro Giudetti è un fiume in piena. Le sue parole, una dopo l’altra, quasi senza un attimo di silenzio, ricostruiscono il volto più disumano e criminale di Israele. La conferenza in cui parla è in Senato, dedicata alle attività umanitarie di Music for peace: nel tavolo dei relatori, spiccano la sua voce e il suo racconto.
Gennaro, che ha cominciato da volontario con Operazione Colomba, oggi è un operatore umanitario dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità).
A Gaza faceva da “ponte” tra l’OMS e le autorità locali per far arrivare medicine, attrezzature e apparecchiature mediche nelle strutture sanitarie. Ha trascorso nove mesi nella Striscia di Gaza e lo ha fatto testimoniando sui canali social quanto ha visto durante la sua esperienza. Ha raccontato con coraggio quello che viveva ogni giorno, manifestando il proprio sdegno per le prevaricazioni di Israele. E verosimilmente, per questo motivo, ha visto ora rifiutarsi il visto di ingresso da parte di Israele.
“Quello che voi vedete in tv e sui social a Gaza è una piccola parte, la situazione reale laggiù è molto peggiore”, esordisce. “Mi auguro che prima o poi la stampa possa entrare e documentare quello che avviene. Sono 15 anni che lavoro nei teatri di guerra, il grado di intensità dei bombardamenti a Gaza è impensabile, non l’ho mai visto neppure in Afghanistan Siria o Yemen”, mette in evidenza.
Giudetti spiega che, ad oggi, ci sono solo due canali di ingresso per gli aiuti umanitari nella Striscia: uno è a nord, Zikim, l’altro è a sud, Kerem Shalom.
La maggior parte degli aiuti passa attraverso il varco meridionale ma “sotto il controllo assoluto di Israele”. Non può entrare nulla senza che non ci sia stato prima un monitoraggio. Tutti i camion vengono scannerizzati. Una volta che il camion umanitario entra rimane in questo “grande parcheggio” che Giudetti descrive come una base militare, dove ci sono i soldati israeliani. “Una volta che vengono scaricati i pallet di aiuti, i militari di Tel Aviv li aprono uno ad uno”, racconta. “Ero lì fisicamente”, aggiunge.
I suoi occhi si sgranano, la voce non si ferma neppure un secondo. Quando gli israeliani aprono i cartoni I prodotti al loro interno, in molti casi, volano per aria ed è lì che scatta l’assalto disperato della popolazione civile. Ecco perché, come ci spiega, la strada che da Kerem Shalom porta verso il centro della Striscia di Gaza, in molti la chiamano il “cimitero umanitario”.
Israele effettua i controlli, stabilendo cosa far entrare e cosa no. “Viene utilizzata – racconta ancora Giudetti – una dual-list (una a uso civile e l’altro ad uso militare)”. Se i materiali rientrano in questa lista, gli aiuti non entrano a Gaza. Il problema è che in questo elenco c’è di tutto: cemento, batterie, generatori (“tutto ciò che può contribuire alla ricostruzione di Gaza viene bloccato”) ma anche e soprattutto “il cloro necessario per sanificare l’acqua negli ospedali, i farmaci tumorali, le protesi”.
Proprio per questo motivo, diventano essenziali le evacuazioni mediche: è il Ministero della Salute palestinese ad autorizzarli. Proprio durante uno di questi “viaggi umanitari”, un trasferimento sanitario di pazienti fuori da Gaza, è avvenuto un bombardamento. “Eravamo appena scesi dal pullman per ripartire il giorno, durante la notte hanno colpito l’automezzo”, ci racconta Giudetti. Non solo, gli israeliani “hanno bombardato il magazzino dell’OMS con medicine e materiale sanitario per ben tre volte. Quando l’hanno fatto per la terza volta, sono andati in fumo 3 milioni di euro di medicinali.
Questo vuol dire “cimitero umanitario”. Tutto questo fa parte del piano genocida di Israele.