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Donald Trump ha lanciato un avvertimento chiaro: se entro 50 giorni non si troverà un accordo per fermare la guerra in Ucraina, per la Russia scatteranno dazi durissimi.
Missili Patriot in arrivo per l’Ucraina: perchè non sono facilmente disponibili
Parole forti, che il presidente Usa ha detto in un’intervista alla Bbc.
Ha parlato di Vladimir Putin con una certa delusione, ma ha chiarito: “Non ho chiuso con lui”. E quando gli è stato chiesto come porre fine a quel “bagno di sangue” che è la guerra, ha risposto semplicemente: “Ci stiamo lavorando”.
Intanto, Trump ha confermato l’invio di nuove armi a Kiev, con un dettaglio importante: saranno pagate dall’Europa. Ha detto che i missili Patriot, sistemi antimissile vitali per difendere le città ucraine dagli attacchi russi, sono già partiti dalla Germania. Il tema era al centro anche della puntata di “Numeri” su Sky TG24. Questi Patriot non sono un’arma qualsiasi: nati negli Usa, sono sistemi sofisticati, capaci di intercettare missili nemici e difendere dal cielo. Furono celebri già nella Guerra del Golfo del ’91, difendendo Israele dagli attacchi iracheni.
Ma non è tutto così semplice. I Patriot sono scarsi nel mondo: gli Usa ne hanno 62 batterie, la Nato 32. L’Ucraina ne possiede appena 8, e non tutti sono operativi. In più, per costruirne nuove ci vogliono anni. Una batteria può proteggere solo una città e Kiev ne ha disperato bisogno. Di qui la possibile richiesta di aiuto anche a Paesi fuori dalla Nato.
La partita della pace, dietro la corsa alle armi: la strategia per la tregua definitiva
Dietro le schermaglie sui missili c’è molto di più. Questa partita di armamenti non è solo questione di armi, numeri e strategie. Più che altro, sembra un modo per mettere pressione, per creare un contesto che spinga le parti a sedersi davvero al tavolo della pace. Trump stesso parla di “bagno di sangue” e “ci stiamo lavorando”. L’ultimatum dei 50 giorni appare dunque più come una scadenza simbolica, un tentativo di riaprire canali che sembravano chiusi.
Le nuove armi servono – questo è chiaro – ma forse sono anche un modo per tenere in piedi la trattativa, per non lasciare la guerra senza vie d’uscita. Dazi, missili, negoziati: tutto è intrecciato in una partita delicata. E mentre le città ucraine cercano protezione, il mondo osserva, in attesa di capire se davvero ci sarà una svolta.
Tra missili Patriot e diplomazia: cosa cambia nel sostegno all’Ucraina
Le nuove forniture di Patriot sono un segnale netto. Ma si parla anche di altre armi, come i Tomahawk e gli Atacms. I primi sono missili da crociera precisi e letali, capaci di colpire a oltre 2.500 chilometri, già usati in diverse guerre dagli Stati Uniti. Gli Atacms, invece, sono missili balistici a medio raggio, veloci e mobili, impiegati spesso con i lanciamissili Himars. Entrambi hanno una storia lunga, testati e usati dalla prima Guerra del Golfo fino ad oggi.
Mosca non si è fatta attendere. Il ministro Lavrov ha detto di voler capire meglio cosa ci sia dietro l’ultimatum di Trump, pur confermando la disponibilità a nuovi negoziati. L’Europa, invece, pur apprezzando la posizione americana, ha giudicato i 50 giorni concessi un lasso di tempo troppo lungo. Resta forte l’attesa l’inizio di negoziati di pace efficaci, capaci di fermare quanto prima questo lungo e doloroso conflitto.