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Taglio parlamentari: incognita referendum dipende da legge elettorale

taglio dei parlamentari

Il taglio dei parlamentari è stato approvato dalla Camera, ma esiste ancora la possibilità di richiedere un referendum confermativo su di esso.

Il taglio dei parlamentari è legge: la Camera ha approvato il provvedimento taglia-poltrone nella giornata di martedì 8 ottobre. Luigi Di Maio esulta di fronte a un risultato ottenuto “per gli italiani”: a palazzo Montecitorio siederanno ora 400 deputati, mentre a palazzo Madama ci saranno 200 senatori. Il vero nodo da sciogliere a questo punto è l’incognita di referendum confermativo che potrebbe essere richiesto sul taglio dei parlamentari. Quest’ipotesi, infatti, potrebbe realizzarsi in seno all’articolo 138 della Costituzione. Vediamo cosa potrebbe succedere ora.

Taglio dei parlamentari, il referendum

Secondo l’articolo 138 della nostra Costituzione, nel momento in cui una legge costituzionale non è approvata dalla maggioranza di due-terzi dell’assemblea, su di essa è possibile promuovere un referendum confermativo. Ciò si concretizza se la presentazione della richiesta avviene da 5 consigli regionali, 500 mila elettori o 1/5 dei parlamentari. Il taglio dei parlamentari, infatti, è stato approvato con 14 “no” e 2 astenuti: tuttavia l’incognita del referendum non è archiviata. La richiesta potrebbe essere presentata da cinque consigli regionali, mentre è improbabile che arrivi dai parlamentari (come minacciava Roberto Giacchetti) o dai 500mila elettori (che apprezzano il taglio-poltrone).

La legge elettorale

Scongiurare definitivamente l’ipotesi referendaria è impossibile: infatti, andare al voto confermativo in primavera non è così scontato. Tutto potrebbe dipendere dalle alleanze e dagli accordi tra Pd, M5s, LeU e Italia Viva riguardo la legge elettorale. L’ipotesi che trapela in questi giorni è l’eliminazione della quota maggioritaria presente nell’attuale Rosatellum a favore di un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento compresa tra il 3 e il 5%. Tuttavia, se l’intesa raggiunta dalla maggioranza non dovesse piacere a Matteo Salvini o a Giorgia Meloni, potrebbe riemergere lo spettro del referendum. Ma di questo se ne potrà parlare a dicembre, quando la maggioranza tirerà le somme.