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Negli ultimi mesi, la situazione economica in Russia ha sollevato preoccupazioni crescenti a causa dell’evidente stagnazione della crescita. Secondo i dati forniti dall’agenzia statistica statale Rosstat, il prodotto interno lordo (PIL) ha mostrato una crescita quasi nulla nel terzo trimestre del 2025, con un incremento del solo 0,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Questo segnale di debolezza economica è il risultato diretto delle elevate spese militari legate al conflitto in Ucraina e delle sanzioni imposte dai paesi occidentali.
Le spese militari e il loro impatto
Inizialmente, le ingenti spese per la difesa avevano fornito un supporto temporaneo all’economia russa, sostenendo il PIL per almeno due anni dopo l’inizio del conflitto. Tuttavia, questo incremento della spesa ha alimentato anche l’inflazione, che ora rappresenta un freno significativo alla crescita. Le aziende stanno lottando con costi di finanziamento elevati, che incidono direttamente sulla loro capacità di espandersi e investire.
Le conseguenze dell’inflazione
Con un tasso di inflazione che si attesta attorno all’8%, la Banca Centrale russa ha dovuto rivedere al ribasso le sue previsioni di crescita per l’anno, stimando una variazione compresa tra lo 0,5% e l’1%. Le aspettative di mantenere i tassi di interesse alti per un periodo prolungato aggravano ulteriormente la situazione per le imprese, che si trovano ad affrontare un contesto economico sempre più difficile.
Le sfide fiscali e le sanzioni
La situazione economica non ha solo impatti diretti sul settore privato, ma ha anche messo a dura prova le finanze pubbliche del paese. Il governo russo sta cercando di far fronte a un deficit di bilancio che ha già raggiunto i 50 miliardi di dollari nel corso dell’anno. Per colmare questo gap, il Ministero delle Finanze ha proposto un aumento dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) dal 20% al 22% a partire dal prossimo anno, una mossa che potrebbe ulteriormente pesare sui consumatori.
Le sanzioni sul settore energetico
In aggiunta a questi problemi interni, la Russia sta affrontando restrizioni severe nel suo settore energetico, un pilastro fondamentale dell’economia nazionale. Le sanzioni statunitensi recentemente introdotte hanno colpito i maggiori produttori di petrolio russi, come Rosneft e Lukoil, limitando severamente le loro operazioni internazionali. Questi provvedimenti hanno ridotto le entrate provenienti dalle esportazioni di petrolio, che rappresentano quasi un quinto delle entrate fiscali del governo.
Il caso di Lukoil
La compagnia Lukoil, secondo produttore di petrolio in Russia, si trova in una situazione critica. Le sanzioni hanno bloccato gran parte delle sue operazioni all’estero, in particolare in Iraq, dove gestisce uno dei giacimenti più importanti, il West Qurna-2. Recentemente, il governo iracheno ha sospeso i pagamenti alla compagnia, costringendola a dichiarare forza maggiore, un termine giuridico che indica l’impossibilità di continuare le operazioni a causa di fattori esterni. Se la situazione non si risolve, Lukoil potrebbe dover interrompere completamente la produzione in questo giacimento, un colpo devastante per la sua rete globale.
Riflessi geopolitici delle sanzioni
Le attuali difficoltà di Lukoil non sono solo una questione economica, ma anche un riflesso della crescente pressione geopolitica. Gli Stati Uniti mirano a ridurre l’influenza russa nel mercato energetico globale e a ostacolare le fonti di finanziamento del conflitto in Ucraina. Questa strategia di isolamento può avere conseguenze durevoli, sia per la Russia che per i paesi che continuano a intrattenere rapporti commerciali con Mosca.
La combinazione di spese militari elevate, inflazione crescente e sanzioni internazionali ha portato la Russia a una fase di stagnazione economica preoccupante. La situazione attuale mette in discussione la sostenibilità a lungo termine del modello economico russo e la capacità del paese di mantenere la sua posizione nelle dinamiche globali.