> > Una Città iconica come Como non riesce ad essere Capitale della Cultura

Una Città iconica come Como non riesce ad essere Capitale della Cultura

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Edoardo Bennato, nel suo capolavoro <>, una anarcoide rilettura di Pinocchio, aveva indovinato cosa sarebbe successo in questi due anni nei quali i medici, con il concorso esterno di dotti e sapienti, hanno preso la parola per non restituirla mai più, visto che si sono abituati alle telecamere.

Citiamo da Dotti, medici e sapienti: «E nel nome del progresso / Il dibattito sia aperto / Parleranno tutti quanti / Dotti medici e sapienti // Tutti intorno al capezzale / Di un malato molto grave / Anzi già qualcuno ha detto / Che il malato è quasi morto». Era il 1978.  Se il ruolo dell’intellettuale, come gli intellettuali stessi teorizzano, è quello di sfidare le convenzioni e il potere, possiamo affermare che in Italia hanno tradito la loro missione.

Non hanno combattuto contro il conformismo, l’hanno alimentato, stando ben attenti a restare sempre all’ombra del potere, un potere qualsiasi, come dimostrano i cambi di casacca dopo il crollo del Fascismo, quando camicie nere di comprovata fede sono passate alla camicia rossa. Un esempio per tutti: Elio Vittorini, cantore dello squadrismo intransigente nel Garofano rosso e poco dopo della Resistenza intransigente in Uomini e no. La maggior parte degli intellettuali. Pare  che a destra, non ci sia cultura da trecento anni, così aveva  pontificato Andrea Scanzi, giornalista del Fatto quotidiano, famoso per libri imprescindibili su qualunque argomento vada di moda nel salotto televisivo di Lilli Gruber, conduttrice di Otto e Mezzo su La7. Accettiamo volentieri la divertente provocazione. Scanzi potrebbe dare una occhiata agli autori di destra, per vedere se ne trova almeno un paio significativi e degni di essere letti. Per aiutarlo, riprendiamo il famoso elenco stilato dal poeta Giovanni Raboni nel 2002 sul Corriere della sera: «Nel mondo: Barrès, Benn, Bloy, Borges, Céline, Cioran, Claudel, Drieu La Rochelle, T. S. Eliot, E. M. Forster, Hamsun, Hesse, Ionesco, Jouhandeau, Jünger, Thomas Mann, Mauriac, Maurras, Montherlant, Nabokov, Pound, W. B. Yeats. In Italia: Croce, D’Annunzio, Carlo Emilio Gadda, Landolfi, Marinetti, Montale, Palazzeschi, Papini, Pirandello, Prezzolini, Tomasi di Lampedusa. Transfughi. A parte, dai nomi sopra indicati, vanno ricordati i transfughi dalla sinistra: Auden, Gide, Hemingway, Koestler, Malraux, Orwell. E in Italia: Silone, Vittorini.. Per proseguire nel gioco, si possono aggiungere, tra gli italiani, Berto, Bettiza, Buscaroli, Cattabiani, De Felice, Delfini, Del Noce, Isotta, Longanesi, Malaparte, Matteucci, Piovene, Ricossa, Romeo, Ungaretti. E gli stranieri? Sono tantissimi. Berto, Bettiza, Buscaroli, Cattabiani, De Felice, Delfini, Del Noce, Isotta, Longanesi, Malapart, Matteucci, Piovene, ,Romeo, Ungaretti. E gli stranieri? Sono tantissimi? Poi sappiamo come è andata E il passato non ha senso se non vive nel presente. Lo scrittore comasco Massimo Bontempelli lo diceva chiaramente: la tradizione la facciamo noi». Como stava lentamente diventando una citnormale anche grazie alle grandi mostre. Ha sofferto troppo l’anomalia di un ‘silenzio’ culturale che non meritava, grazie alle ricchezze di cui è dotata e alla sua posizione strategica. Come ha detto il noto critico e studioso Philippe Daverio “Perché Como non ha mai pensato di fare delle mostre che avessero delle ricadute di esaltazione sulla propria specificità? Voi avete uno dei primi edifici della cultura romanica al mondo: perché non si pensa di fare una manifestazione che permetta di capire cos’è il caso della basilica di Sant’Abbondio? Voi avete il “Paolo Giovio”, uno dei Musei civici più intelligenti del Nord Italia: perché non si apre a un evento che dia attenzione a questa situazione? Infatti, è più importante lavorare sulle identità delle città. Le mostre non sono fatte per fare utili, ricordatevi sempre la scritta, un po’ massonica, affissa al Teatro di Palermo, nel momento in cui la città era in piena avanguardia, subito dopo l’Unità d’Italia: “Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”. Un bel concetto che esprime come la cultura debba formare l’identità e comunicarla». Como, con Cernobbio e Brunate, si era candidata a Capitale della Cultura Italiana con l’obiettivo di creare un sistema integrato per la produzione, promozione e valorizzazione del patrimonio culturale e turistico locale, ripartiamo da lì, creando sinergie e facendo “squadra”.

Como è una città che lega il proprio nome a una dimensione estetica, conosciuta in tutto il mondo grazie alla bellezza del lago e alla tradizione serica. E’ una città che evoca la ricerca e lo sviluppo scientifico, basti pensare a due dei suoi più illustri  Plinio il Vecchio e la sua Naturalis Historia e Alessandro Volta e l’invenzione della pila. La presenza di Villa d’Este a Cernobbio quale luogo di incontro per l’economia mondiale, da sempre richiama l’attenzione dei media italiani e stranieri. Como, Cernobbio e Brunate, hanno dimostrato di essere non solo in grado di proporre eventi culturali di qualità, ma di essere anche una Fabbrica della creatività, realizzando spettacoli, festival e kermesse (riproposti anche in altre città italiane ed europee), che negli anni hanno contribuito a creare un sistema culturale vivace e innovativo. A Bregenz (circa 28.000 abitanti, badate bene) non
c’era un teatro e così i lungimiranti sognatori pensarono di crearne uno nel punto più bello della cittadina: il lago. Cominciarono con due piccole chiatte: una per l’orche-stra e una per la scenografia, e misero in scena – anzi in acqua – Bastiano e Bastiana, opera giovanile del genio mozartiano. L’idea bizzarra e azzardata venne premiata, il pubblico amò da subito questa piccola follia galleggiante, a suonare ci venne la Vienna Symphony Orchestra e di anno in anno il festival non ha fatto che crescere, sotto tutti gli aspetti: spettatori, 200.000 in media; con- tributi, 5.7 milioni di euro, 1.3 milioni da sponsor come Mercedes e Coca Cola e 20 milioni di budget totale; dimensioni del palco e delle tribune, 6.980 posti; attenzione dalla critica internazionale; durata della programmazione: un mese intero tra luglio e agosto e un cartellone che alterna l’opera o il musical principale (che cambia ogni 2 anni) e concerti classici; merchandising, indotto, fama… Bregenz ha anche avuto modo e fondi, nel tempo, per costruirsi teatri, sale da concerto, un centro culturale che fa perno sullo Seebuhne. Tutto questo in una cittadina di 28.000 abitanti.
Como ha un “Museo della Seta” che va valorizzato e potenziato, un museo deve produrre cultura: in questo caso il Museo della Seta lo fa con una ricerca volta a individuare attraverso quali processi siamo arrivati al contesto in cui oggi operiamo, quali sono stati i cambiamenti av- venuti e chi ha contribuito perché avvenissero. In modo particolare indagando sulle relazioni che sono intervenu- te nel corso degli anni a Como tra il mondo tessile e lo sviluppo della società. Anche la fisionomia architettonica della città, come la conosciamo oggi, è stata influenzata dall’industria tessile nel suo complesso. Una cultura a cui il settore tessile ha dato, nel Comasco, un contributo essenziale, grazie non solo ai suoi esponenti di punta, ma al complesso del lavoro condiviso da imprenditori e maestranze. Già l’ho detto e scritto valorizzazione di tutti i nostri Musei, Pinacoteca, Tempio Volturno, riapertura del Monumento Caduti e valorizzazione del Patrimonio ecclesiastico come sta facevo meravigliosamente la nostra Diocesi. Concerti diffusi nelle piazze, anche con il coinvolgimento dei Maestri e le ragazze e i ragazzi di uno dei migliori Conservatori del Mondo e Accademia Giuditta Pasta. Già ho pensato un Estival Jazz con Paolo Fresu direttore artistico.